La recente presa di posizione del gruppo parlamentare del Movimento Cinque Stelle alla Camera dei Deputati sul caso Cavallotti -, nella pendenza del procedimento alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – afferma l’Avv. Baldassare Lauria – , è un vero e proprio tentativo di interferenza nella giurisdizione indipendente della CEDU.
Con una interrogazione (nr. 4/02282) senza precedenti nella storia della Repubblica, primo firmatario l’On. Cafiero DE RAHO, i parlamentari pentastellati hanno interrogato il Ministro della Giustizia, On. Nordio, al fine di indurre il Governo ad “intervenire” presso il Consiglio d’Europa per ivi rappresentare “….la conseguenza grave dell’eventuale accoglimento del ricorso, vale a dire la messa in discussione del pilastro fondamentale del contrasto delle mafie in Italia ed in Europa (l’attacco ai patrimoni illeciti)”. Aggiungono gli interroganti “..significherebbe tornare indietro e calpestare l’eredità di Paolo Borsellino che contro l’accumulo di ricchezza illegali tramite gli appalti ha speso la sua attività fino al sacrificio della vita”.
L’atto parlamentare in questione travalica i limiti delle prerogative politiche dei deputati – prosegue l’Avv. Baldassare Lauria – “investendo” direttamente un processo giurisdizionale, in corso di decisione, innanzi la CEDU ed investe direttamente i diritti soggettivi di cittadini italiani, tanto da leggersi in esso “…desta preoccupazione l’esame, da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), della vicenda di alcuni imprenditori siciliani nel settore del gas (i fratelli Cavallotti); il tema più spinoso riguarda la confisca del patrimonio di coloro che sono stati assolti nei rispettivi processi per associazione mafiosa”.
Recentemente la prima sezione della CEDU, cui è stato assegnato il ricorso, ha chiesto al Governo italiano i dovuti chiarimenti sul provvedimento di confisca che ha colpito l’intero patrimonio dei fratelli CAVALLOTTI e la stessa Corte di Strasburgo, dopo aver acquisito le contro deduzioni della difesa, ha messo in decisione la causa.
Nel ricorso alla CEDU, presentato nel 2016, erano stati denunciate plurime violazione della Convenzione Europea da parte dei Giudici palermitani che, dopo un procedimento durato 15 anni, avevano ritenuto l’appartenenza mafiosa dei ricorrenti sebbene gli stessi fossero stati assolti, perché il fatto non sussiste, nel relativo processo penale. La confisca si era basata sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori, non soltanto non riscontrate ma, addirittura smentite; erano stati negati i basilari diritti della difesa; erano state utilizzate relazioni di servizio, del colonello Riccio, e altre prove che la sentenza di assoluzione aveva ritenuto espressamente nulle, quindi inutilizzabili; la confisca era stata adottata in violazione de principio di proporzionalità investendo beni personali estranei alle economie aziendali.
Il tentativo di interferenza dei parlamentari del Mov. Cinque Stelle, nella fase della deliberazione della sentenza, si pone al di fuori delle prerogative politiche dei parlamentari ed appare in evidente violazione del “diritto effettivo” alla giurisdizione – senza interferenze dello Stato parte contro cui si agisce – e della stessa garanzia di indipendenza di cui gode la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nell’esercizio della giurisdizione, in violazione degli artt. 20 e 21 della stessa Convenzione che porremo alla base di un nuovo ricorso contro la Repubblica.
La singolare azione parlamentare – conclude il legale – è un attacco allo stesso Stato di Diritto, manifesta intolleranza ai diritti delle persone minando le basi della democrazia.