Testo e filmato di Diego Romeo
Quaranta anni fa il “proletario” Lillo Miccichè si incatenava, (con vere e proprie catene, non come oggi,) dinanzi al Municipio di Agrigento e successivamente dinanzi la prefettura come queste immagini testimoniano. L’indifferenza dei passanti è palpabile, pochissimi i gesti di solidarietà. Solo sguardi più o meno interessati, Altrettanti ne ha ricevuti circa un mese fa, dopo quarant’anni da Miccichè, il presidente del Codacons regionale ed ex-consigliere comunale Giuseppe Di Rosa, dal cui gesto si sono tenuti lontani il sindaco Miccichè e il suo fidato capo di gabinetto Di Giovanni. Qualche apprezzamento Di Rosa lo ricevette dai cittadini in elegante tenuta che si recavano a vedere nel Teatro-Municipio quella sera “Assassinio nella cattedrale”,un testo di Eliot adattissimo a quel momento di storia cittadina dove il comune non riusciva ad assistere degnamente i malati psichici secondo i severi dettami istituzionali. Di Rosa, in quei giorni di protesta vestiva normali panni piccolo borghesi, le catene erano un lontano ricordo e proprio questo ci induce a interrogarci su quale sarà l’aspetto stilistico del vestiario indossato dal protestatario che fra altri quarant’anni urlerà per l’acqua ancora mancante.Conoscendo Agrigento immaginiamo che sarà un rappresentate dell’alta borghesia con farfallino, smoking e bombetta ormai sdrucita a forza di scappellarsi continuamente per una votatissima classe politica non si sa se distratta o incompetente, diretta discendente dai magnanimi lombi di oggi . Una classe amministrativa che si è persa decenni fa i 25 milioni per il centro storico, che ha restituito alla Regione i 35 milioni per l’aeroporto, che oggi si è persa i quarantacinque milioni per la rete idrica. L’Agrigento memorabile, indifferente “fiore dai petali calpestati” avrà di che interrogarsi. A meno che ,coupe de theatre, intervenga un algoritmo con un pò di Intelligenza artificiale. Speriamo non manipolata!