Con sollievo Compag, la federazione italiana delle rivendite agrarie, accoglie la notizia della decisione del Parlamento europeo di bocciare la proposta della Commissione per un Regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti per la protezione delle piante. Nella seduta plenaria dello scorso 22 novembre, infatti, sono stati ben 299 i voti contrari alla proposta (contro i207 voti favorevoli e 121 astenuti). “Una decisione che, fortunatamente, rimanderà alla prossima legislatura un ulteriore esame della questione da parte della Commissione – afferma Fabio Manara, Presidente di Compag – e una conclusione auspicata fin dalle prime valutazioni sull’impatto che il Regolamento avrebbe avuto sull’intera filiera agroalimentare”. “Compag – ha aggiunto Manara – si è sempre schierata a favore delle normative volte a garantire il rispetto dell’ambiente e delle persone, ma questa specifica proposta poggiava su forti elementi ideologici e non teneva nella dovuta considerazione la capacità produttiva dell’agricoltura europea e, soprattutto, quella di Paesi come l’Italia, caratterizzati da un’agricoltura di grande pregio che avrebbe subito conseguenze devastanti dalla sua eventuale applicazione”.
Se si fosse concretizzata, la proposta di Regolamento in merito all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari presentata lo scorso 22 giugno dalla Commissione europea in sostituzione della direttiva 2009/128/Ce (Sud) avrebbe comportato infatti un duro colpo per l’intera produzione agricola italiana. Questa proposta prevedeva la riduzione del 50% – entro il 2030 – dell’uso dei prodotti chimici per la difesa delle piante e dei preparati più pericolosi a livello europeo. Le principali preoccupazioni della federazione riguardavano i criteri eccessivamente restrittivi secondo i quali sarebbero stati perseguiti questi obiettivi di riduzione, obiettivi estremamente ambiziosi – se non irrealizzabili – che, oltretutto, non poggiavano su valutazioni di impatto scientifiche ma su aspetti prettamente quantitativi, trascurando il tipo di colture che caratterizza l’agricoltura dei singoli Stati membri, penalizzando i Paesi con un’agricoltura più intensiva e con un maggior numero di coltivazioni, in particolare di colture “minori”, come nel caso del nostro Paese. Come spiega Vittorio Ticchiati – Direttore della federazione: “la difesa delle colture orticole e frutticole negli ambienti temperato-caldi del Sud Europa richiede interventi ben diversi rispetto alle coltivazioni estensive diffuse alle latitudini più settentrionali, e modulare l’entità della riduzione alla media europea di impiego negli anni 2015, 2016, 2017 significa penalizzare queste forme di agricoltura più intensiva e dove è maggiore la presenza di colture minori per le quali, con la riduzione delle sostanze attive degli ultimi anni, si è spesso fatto ricorso alle autorizzazioni eccezionali di 120 giorni, secondo deroghe previste dall’art. 53 del reg. Ue 2009/1107. Una drastica riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari può rendere impossibile garantire un’adeguata protezione delle piante e quindi mantenere la produzione. Inoltre, il metodo di calcolo proposto determina un’enorme differenza in termini di percentuali di riduzione fra i diversi Paesi membri, sollevando fondati dubbi sulle conseguenze in fatto di regolare concorrenza tra gli agricoltori dei diversi Stati europei”.
All’Italia – che con fatica era riuscita a ridurre l’utilizzo di prodotti fitosanitari del 35% tra il 2003 e il 2019 – veniva richiesta una riduzione del 62% per i prodotti fitosanitari chimici e del 54% per i prodotti fitosanitari più pericolosi, entro il 2030. Un obiettivo poco realistico ed estremamente penalizzante.
Inoltre, tra le sostanze prese in considerazione ai fini del calcolo della percentuale di riduzione, rientravano anche il rame e lo zolfo, molto utilizzati anche in agricoltura biologica, che ne sarebbe stata dunque molto penalizzata. Un paradosso, considerato che uno degli obiettivi della strategia “Dal produttore al consumatore” è l’aumento del 25% delle superfici destinate al biologico. La rigidità delle regole non teneva nella dovuta considerazione anche problemi quali la diffusione di nuove malattie e di nuovi fitofagi favoriti anche dalle variazioni climatiche in atto, problemi che, se trascurati, rischiano di compromettere la sicurezza alimentare dell’Unione europea aumentandone la dipendenza dalle importazioni da Paesi terzi.
Va ricordato, inoltre, che il metodo di calcolo attuato per determinare le percentuali di riduzione si basasse esclusivamente sui dati relativi alla parte produttiva agricola, tralasciando gli utilizzi nelle aree extra agricole da parte degli enti territoriali competenti (come, ad esempio, l’utilizzo di diserbanti lungo le ferrovie, ai bordi delle strade) e l’utilizzo da parte dei privati, dati che sarebbero stati essenziali per valutare effettivamente il taglio da applicare al settore agricolo.
“Siamo lieti – conclude Compag – che per il momento il comparto agricolo possa tirare un respiro di sollievo e auspichiamo che – se in un futuro questa proposta verrà presa nuovamente in considerazione – i nuovi obiettivi possano tenere maggiormente conto della specificità del singolo Stato membro in fatto di produzioni agricole, i limiti quantitativi vengano stabiliti secondo criteri di maggiore flessibilità e che, parallelamente, venga favorita la ricerca in questo settore e snellito il rilascio delle autorizzazioni dei nuovi prodotti fitosanitari a livello nazionale, in particolare quelle che riguardano le colture minori”.