Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa della C.P.Servizi medico-legali
Si è tenuta nella giornata di lunedì presso il Tribunale di Agrigento un’altra udienza relativa al caso del piccolo Luigi che vede imputate due ginecologhe, La Marca Lucia e Ferraro Rosa, e due ostetriche, Patti Isabella e Carlino Graziella, dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento. Alle dottoresse vengono contestate lesioni sanitarie aggravate e la manomissione della cartella clinica nel parto di Luigi.
Lunedì 16 ottobre, nell’aula del tribunale di Agrigento, la giudice dott.ssa Agata Anna Genna, ha ascoltato le testimonianze delle due nonne e della madre del piccolo.
“Durante la gravidanza non ho avuto alcun tipo di problema” – ha raccontato la mamma. “Nel settembre 2018 mi sono recata in ospedale in seguito alla rottura delle acque, in seguito al ricovero vennero effettuati due tracciati che non segnalarono anomalie. Nella mattinata successiva un nuovo tracciato diede esito ‘non soddisfacente’. A una mia richiesta di spiegazione mi venne detto di non preoccuparmi e mi consigliarono di mangiare qualcosa. Più tardi iniziai ad avvertire un forte malessere e, in seguito all’insistenza di mia suocera, mi venne misurata la febbre, il termometro segnava più di 38 gradi. Mi venne somministrata della tachipirina e successivamente fui portata in sala parto. Qui una dottoressa mi informò del fatto che avrei dovuto partorire entro due ore”.
Un’ora e trenta dopo l’orario indicato per il parto la paziente avvertì le prime forti contrazioni. Dopo le prime manovre iniziarono a verificarsi le prime complicazioni e una sequela di gravi errori.
“La dottoressa La Marca entrò in sala con in mano delle ventose e mi tranquillizzò dicendo ‘si vede già la testa’, poi procedette ad utilizzarle per tre volte. La prima volta la testa del bambino uscì e rientrò immediatamente, nella seconda sentì un rumore come se la ventosa si fosse rotta, nel terzo tentativo uscì solo la testa, con il viso rivolto verso il soffitto. Mio marito vide il volto del piccolo cambiare colore e diventare scuro e iniziò a gridare. La dottoressa La Marca a questo punto chiese di passarle un bisturi, le risposero che non c’era, allora disse ‘passatemi le forbici’. Mi tagliarono con le forbici ma il bambino continuava a non uscire”. In sala parto si scatenò il panico e i sanitari iniziarono a praticare delle manovre. “Spinsero sulla pancia con i gomiti, con le mani, con le ginocchia”.
Il bambino nacque, ma in arresto cardiaco, e venne rianimato per parecchi minuti. Erano le 23.55, il parto era stato preventivato per le ore 20.00. Oggi, cinque anni dopo i drammatici fatti sopra descritti, Luigi è affetto da una grave encefalopatia ipossico-ischemica: vive confinato in un letto posto al centro della casa dei genitori, non cammina, non vede, non parla, non può mangiare né respirare autonomamente.
La prossima udienza è stata fissata per il 15 gennaio e nell’occasione verranno chiamati a testimoniare il padre e i consulenti della procura.