È di ieri la notizia dell’arruolamento di mercenari siriani da inviare a combattere in Ucraina contro l’esercito del presidente Zelensky.
Un evento prevedibile, tanto da averne già scritto su questo giornale il 30 gennaio, anticipando che nel corso di eventuali scontri armati in Ucraina orientale, i russi – come già avvenuto in Libia e Armenia – potessero schierare mercenari siriani che hanno già reclutato e addestrato in Siria nelle aree sotto il controllo del regime di Assad.
La storia non ci insegna nulla.
Né l’Afghanistan, né i Balcani, sono serviti a farci comprendere che eventi di questo tipo rappresentano un’occasione per chi delle guerra ne ha fatto una ragion di vita e di morte: l’estremismo islamico.
Che vi sia una responsabilità dell’Occidente nella nascita di organizzazioni terroristiche come al-Qaeda, non vi sono dubbi, ma pochi si chiedono a cosa fu dovuto il supporto economico e logistico fornito dagli Stati Uniti a quelle che poi sarebbero diventate le organizzazioni terroristiche internazionali che abbiamo conosciuto nella loro massima espressione con la nascita dell’ISIS.
Per comprendere cosa accadde, è necessario tornare indietro nel tempo, ancor prima dell’invasione statunitense dell’Afghanistan.
“Studia il passato se vuoi prevedere il futuro” diceva Confucio.
Dopo una serie di vicissitudini politiche interne, caratterizzate da rivolte e omicidi, Hafizullah Amin prese il potere in Afghanistan.
Un cambiamento che non fu gradito all’URSS che sospettava il nuovo presidente di aver legami con la CIA e di nutrire simpatie per gli Stati Uniti.
Come troppo spesso accade, gli interessi di altri paesi, specie trattandosi di potenze come gli USA e l’allora URSS, portano a soluzioni belliche – dirette o indirette – mirate alla “elezione” di governi amici.
Nell’ottica di una “elezione democratica” di un nuovo governo afghano, i sovietici pensarono bene di ricorrere all’unico mezzo che i governi totalitari conoscono per le loro campagne elettorali: i carri armati!
Fu così che il 27 dicembre 1979 l’Armata Rossa entrò a Kabul per mettere al potere Babrak Karmal, che a differenza di Hafizullah Amin, rappresentava gli interessi di Mosca in un paese terzo che – in teoria – godeva di una propria sovranità.
E quando i governi si eleggono a colpi di Kalashnikov, ecco che le opposizioni che ne nascono non sono da meno.
Gli Stati Uniti – allora in Afghanistan, come oggi in Ucraina – non potendo affrontare direttamente i russi per timore di scatenare una terza guerra mondiale (non trovate similitudini con quello che accade in questi giorni?), tramite il Servizio Segreto Militare Pakistano finirono con il finanziare i gruppi ribelli che combattevano l’occupazione sovietica: i mujaheddin.
Dopo dieci anni di guerra, perdendo oltre 25mila soldati e riportando a casa altri 60mila feriti, l’Armata Rossa abbandonò l’Afghanistan (che presto avrebbe subito l’invasione americana) per tornare sconfitta in quell’Unione Sovietica che di lì a poco si sarebbe disgregata.
Ma le guerre per i terroristi non finiscono mai.
È così che dopo la resistenza opposta all’invasione sovietica dell’Afghanistan, molti mujaheddin presero la via dei Balcani, per frenare le ambizioni di espansione della Serbia di Slobodan Milosevic.
Una guerra terminata con la creazione di due identità nazionali divise dalla religione.
Gli ex mujaheddin, dopo la guerra, non lasciarono i Balcani.
Divenuti imam da un giorno all’altro, ebbero vita facile nell’insegnare l’odio e preparare gli studenti, i ragazzi, i bambini, alla guerra contro i presunti nemici di Allah, utilizzando il Corano in maniera strumentale e distorta finalizzandolo all’incitamento alla jihad, fino ad arrivare a quell’evoluzione che ha portato le organizzazioni terroristiche alla creazione dello Stato Islamico facente capo ad Abu Bakr al-Baghdadi, che proclamò la nascita di un califfato solo di recente sconfitto con migliaia di perdite di vite umane, economiche, e con la distruzione di interi paesi.
Quale migliore occasione, dunque, per i terroristi sconfitti, se non quella di una nuova balcanizzazione di un paese nel quale – come in Afghanistan – la Russia e gli Stati Uniti si fronteggiano ancora una volta schierando da una parte i carri armati e dall’altra gli aiuti a un paese invaso da un occupatore?
Secondo le statistiche, in Ucraina vivono da 800.000 a 2 milioni di musulmani – che vedranno ben presto i falsi imam predicare l’odio per fare nuovi adepti a una guerra santa che di santo non ha nulla – ai quali si aggiungeranno gli ex mujaheddin provenienti dai Balcani, che hanno ben più di un motivo per regolare i loro conti con i russi e con i ceceni di Ramzan Kadyrov, il figlio dell’ex presidente Akhmad Kadyrov, insediato nel 2000 da Putin al termine della seconda guerra cecena.
Finita anche questa guerra, nella migliore delle ipotesi, saremo riusciti a distruggere un altro paese (l’Ucraina) e riportare in Europa quel terrorismo che ritenevamo – se non di avere sconfitto – quantomeno di aver ridimensionato.
Ancora una volta, la colpa sarà dell’Occidente, dimenticando – così come abbiamo fatto per l’Afghanistan – che all’origine di questa ennesima guerra c’è l’invasione da parte delle forze armate di una nazione nei confronti di un paese la cui sovranità non può essere riconosciuta, se non alle dirette dipendenze del governo degli invasori.
Gian J. Morici