Mediamente oltre il 91% dei datori di lavoro domestico si affida al passaparola o alle conoscenze personali per assumere colf, badanti e baby sitter. E se generalmente prevale la soddisfazione per la scelta dei propri collaboratori (8, in una scala da 1 a 10), nella metà dei casi le famiglie considerano quelle prestazioni non sufficienti a soddisfare i propri bisogni domestici: in particolare il 19% dichiara di riuscire a soddisfare solo parzialmente i propri bisogni di assistenza, mentre il 28% afferma di non riuscirci proprio. I più insoddisfatti sembrano essere i datori di lavoro di baby-sitter: solo il 32% di questi vede infatti le proprie esigenze di assistenza corrisposte, a fronte del 36% e 60% di chi assume, rispettivamente, badanti e colf. È quanto emerge da un’indagine esplorativa sul lavoro domestico in Italia che la Fidaldo, Federazione Italiana dei Datori di Lavoro Domestico, ha commissionato all’Irs, Istituto per la Ricerca Sociale.
L’indagine conferma una natura fortemente privata e autogestita dell’assistenza a domicilio, un welfare ‘fai da te’ in cui il datore di lavoro gestisce in quasi totale autonomia l’intero processo: dal reclutamento alla ricerca di eventuali aiuti esterni e non senza criticità: il 37% degli intervistati ha infatti dichiarato di aver trovato ‘impegnativo o complicato’ il reclutamento della badante, così come il 34% di chi ha cercato una baby sitter, contro il 13% di chi selezionava una colf.
Quanto alla dimensione economica, in generale solo il 6% dei datori di lavoro ha ammesso di ricevere sostegni economici al lavoro domestico da parte di enti pubblici (esempio: bonus badanti o baby sitter). Anche il ‘welfare aziendale’ per i genitori-dipendenti di aziende o imprese non sembra raggiungere un gran numero di utenti, circa il 10% di chi impiega baby sitter. In più, per chi assume una badante o una baby sitter prevale l’interesse per forme aggiuntive di aiuti economici: il 47% dei datori di lavoro di badanti sarebbe interessato ad ottenerli così come il 47% delle famiglie con una baby sitter. Accanto a questo le famiglie dichiarano di aver bisogno di servizi di informazione e orientamento, che vengono chiesti dal 34% di chi ha assunto una badante e dal 22% di chi ha una tata.
Di seguito le dichiarazioni dell’avvocato Filippo Breccia, vice presidente di Nuova Collaborazione, associazione nazionale dei datori di lavoro domestico- e parte della Fidaldo – che esprime soddisfazione per il chiarimenti che il Governo ha tempestivamente fornito in merito alla mancanza del green pass per i lavoratori che fruiscono del vitto e dell’alloggio.
GREEN PASS – BADANTI COLF E BABY SITTER CONVIVENTI NON DEVONO ESPORRE LE FAMIGLIE AL RISCHIO DI CONTAGIO
Nuova Collaborazione (Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico firmataria dal 1974 del Contratto Collettivo per il lavoro domestico) esprime soddisfazione per il chiarimenti che il Governo ha tempestivamente fornito in merito alla mancanza del green pass per i lavoratori che fruiscono del vitto e dell’alloggio. Nelle scorse settimane Nuova Collaborazione aveva esortato più volte il Governo a fornire indicazioni sulla problematica della convivenza, non disciplinata dal Decreto Legge che ha sancito l’obbligo del green pass nei luoghi di lavoro. La posizione assunta negli scorsi giorni da Nuova Collaborazione, a sostegno della categoria rappresentata, coincide con quella espressa dal Governo: il collaboratore sprovvisto della certificazione deve abbandonare l’alloggio di servizio. In caso contrario la famiglia del datore di lavoro resterebbe esposta al rischio di contagio (oltre che soggetta alle sanzioni previste dal decreto) e non avrebbe la disponibilità dell’alloggio di servizio per un eventuale sostituto in regola con la certificazione sanitaria. I chiarimenti forniti dal Governo sostengono soprattutto quei soggetti fragili, anziani, non autosufficienti, che non potendo privarsi dell’assistenza della badante, talvolta hanno un potere contrattuale ridotto e fanno fatica a pretendere il green pass.
Sono ancora troppi i collaboratori domestici sprovvisti della regolare certificazione sanitaria.