Nel sottobosco della giustizia italiana, spuntano come funghi vecchi e nuovi collaboratori.
Più si avvicinano le ore decisive per la cosiddetta trattativa Stato-mafia (che sempre meno viene ritenuta la ragione dell’accelerazione dell’uccisione del giudice Paolo Borsellino), più compaiono dal nulla collaboratori e testimoni che a quasi trent’anni dalle stragi improvvisamente ricordano qualcosa o sentono il bisogno di narrare “verità” taciute per decenni.
Siamo passati dalle fantastorie di piccoli delinquenti di borgata come Vincenzo Scarantino, di presunti uomini d’onore riservati come Calcara – definito a Caltanissetta un “inquinatore di pozzi” e “collaboratore eterodiretto” – e di soggetti altrettanto poco credibili, fino ad arrivare a un vero killer di “cosa nostra” che per 25 anni non aveva mai narrato i retroscena, o presunti tali, della strage di via D’Amelio.
Maurizio Avola aveva tenuto per sé tutto quello che sapeva – o quantomeno dice di sapere – in merito all’uccisione di Borsellino, fin quando Michele Santoro non lo ha incontrato scrivendo con lui il libro-intervista “Nient’altro che la verità”.
Nel corso della presentazione del libro su La7, nello speciale sulla mafia di Enrico Mentana del 28 aprile, si sono registrati gli interventi della figlia del giudice, Fiammetta Borsellino, e dell’ex pm di “mani pulite” Antonio Di Pietro.
Interventi che avrebbero dovuto scatenare i media, le associazioni e l’opinione pubblica, vista la precisione con la quale venivano narrati fatti e misfatti della procura palermitana retta dall’allora procuratore Giammanco.
Invece no, il dibattito si è incentrato sulla credibilità di Avola che ha escluso la presenza dei servizi segreti sulla scena della strage di via D’Amelio.
Dichiarazioni che anziché far luce sui tanti punti oscuri della vicenda, sembrano avvantaggiare chi continua a sforzarsi a voler vedere nella trattativa Stato-mafia il movente dell’uccisione di Borsellino.
Il primo a spostare l’attenzione dalle dichiarazioni di Fiammetta Borsellino e Di Pietro, che senza mezzi termini hanno fatto espliciti riferimenti alle vicende legate agli appalti, al dossier dei Ros su quell’inchiesta mafia-appalti voluta da Giovanni Falcone e che Borsellino avrebbe voluto fosse portata avanti, è stato proprio il fratello del giudice, Salvatore Borsellino, che nel voler riportare l’attenzione sulla trattativa Stato-mafia, ha definito Avola un “inquinatore di pozzi” – copiando le parole del procuratore di Caltanissetta, riferite ad altro soggetto che proprio in Agende Rosse ha sempre trovato supporto – che mira a ridare credibilità ai Ros.
Tutto sarebbe andato bene, se Fiammetta Borsellino non avesse deciso che la sua presenza in studio non poteva, non doveva e non era quella di un elemento complementare dell’arredamento.
Fiammetta Borsellino, tirando fuori una grinta inaspettata e una conoscenza dei fatti da molti sottovalutata, si è trasformata in un uragano in grado di travolgere ogni resistenza, indicando precise responsabilità dell’allora procura di Palermo, ripristinando assolute verità rispetto la frase – poi manipolata – che il giudice Borsellino aveva detto alla moglie, rispetto la sua prevista uccisione: “Saranno i miei colleghi a permettere che ciò accada!”
È poi andata oltre, ricordando l’interesse del padre per il dossier mafia-appalti e l’incontro dello stesso con gli ufficiali del Ros perché venisse portata avanti quell’indagine.
Un errore imperdonabile, visto che così facendo rimetteva in discussione anni di teoremi, impedendo, di fatto, che si prestasse il fianco a chi era pronto a utilizzare le dichiarazioni di Avola per dimostrare che chissà quali entità lo stessero utilizzando per mandare a monte il processo “trattativa”, confermando così proprio la bontà delle accuse.
Apriti cielo. Fiammetta Borsellino che emette un giudizio tranciante in merito alle dichiarazioni di Avola riportate nel libro di Santoro; che apre a ben altre ipotesi investigative sull’accelerazione della strage nella quale perì suo padre, che non quelle relative alla presunta “trattativa”; che trova l’appoggio di Di Pietro che da anni non fa altro che ripetere dell’interesse del giudice Borsellino per gli appalti e il coinvolgimento con “cosa nostra” di grandi aziende a livello nazionale, mette con le spalle a muro Santoro, Purgatori e lo stesso Mentana che non riesce a contenere quel fiume in piena che è la Borsellino.
Dulcis in fundo, il comunicato stampa della procura di Caltanissetta che già lo scorso anno ha sentito Avola senza trovare alcun riscontro alle dichiarazioni rese, ed esprimendo quindi delle riserve sulla veridicità del racconto dell’ex boss catanese.
Quando è troppo è troppo!
A Santoro non resta che partecipare al programma di Giletti, “Non è l’Arena”, per sferrare un attacco al procuratore Gabriele Paci per aver anche lui “osato” dubitare delle dichiarazioni di Avola.
Cosa spinge Avola a dichiarare dopo oltre 25 anni dall’inizio della sua collaborazione questi gravi fatti inediti?
A chi fanno gioco e dichiarazioni di Avola, a chi guarda a mafia-appalti come concausa della strage di via D’Amelio, o a chi dinanzi a quelle che appaiono come evidenti falsità può usarle per avvalorare la tesi sulla trattativa Stato-mafia, alla stessa stregua di come la ritrattazione di Scarantino era la prova evidente che dietro ci fosse la mafia?
Perché le grandi testate giornalistiche non approfondiscono gli argomenti affrontati in studio da Fiammetta Borsellino e Antonio Di Pietro?
Perché Santoro ha utilizzato parole tanto pesanti e gravi contro il procuratore di Caltanissetta, Gabriele Paci, reo di aver puntualizzato come nessun riscontro fosse stato trovato alle dichiarazioni di Avola?
Salvatore Borsellino cita la sentenza del Borsellino Quater per avallare il teorema del depistaggio compiuto dai Ros e il loro coinvolgimento nella presunta trattativa Stato-mafia, dimenticando evidentemente che proprio da quella sentenza si evince come mafia-appalti fu la concausa scatenante della strage di via D’Amelio, e che sempre la stessa sentenza riporta testualmente che “non sussiste alcuna prova che consenta di collegare la trattativa Stato-mafia con la deliberazione della strage di via D’Amelio”.
“Di depistaggio ne abbiamo già subito uno” – cit. Fiammetta Borsellino.
Gian J. Morici