Tre anni senza programmazione, tre anni di numeri falsati, migliaia di medici non formati, una pandemia in corso e un numero imprecisato di morti che forse si sarebbe potuto evitare. L’emergenza Coronavirus ha toccato il nervo scoperto della sanità italiana, puntando i riflettori su una carenza medici che difficilmente si potrà colmare nei prossimi anni anche a causa di una scelta scellerata di Ministero e Università che da ben tre anni non aggiornano la programmazione e mettono a bando un numero sottodimensionato di posti per l’accesso alla Facoltà di Medicina.
A confermare quanto da anni denunciato dai legali dello Studio Leone-Fell, prima law firm in Italia per numero di ricorsi, anche il Consiglio di Stato che in questi giorni ha accolto i primi ricorsi contro il test d’accesso del 2020, disponendo, per l’ennesima volta, la rideterminazione dei posti e la conseguente immatricolazione dei ricorrenti.
Scrivono i giudici nei decreti: “Considerato che questa Sezione, con la propria sentenza 11/09/2020 n.5429 ha annullato, per i motivi ivi specificati, la determinazione dell’offerta formativa di cui al DM 28 giugno 2018 n. 524, atto quest’ultimo presupposto della determinazione dei posti disponibili per l’a.a. considerato, con conseguente necessità di rivederla ed aggiornarla, eventualmente in aumento, ove ricorrano i presupposti indicati nella sentenza cit. di questa Sezione. L’istanza può dunque accogliersi al solo fine dell’eventuale scorrimento in graduatoria, questa volta all’esito della necessaria rideterminazione dei posti disponibili per l’a.a. considerato”.
“In pratica – spiegano gli avvocati Francesco Leone, Simona Fell e Floriana Barbata, soci dello studio legale Leone-Fell & C. – dal 2018 ad oggi, Ministero e Università non hanno provveduto a calcolare il corretto fabbisogno e a stabilire di conseguenza il numero di posti da mettere a bando. Tre anni senza un’adeguata programmazione hanno portato a una carenza strutturale di medici e al collasso del Sistema sanitario nazionale. Ci spiace ragionare in questi termini, ma quante vite si sarebbero potute salvare se la sanità avesse avuto un numero di sanitari adeguato per fronteggiare l’emergenza? E invece abbiamo assistito al richiamo dei pensionati e all’immissione in servizi di giovani laureati senza specializzazione. È davvero questa la sanità che ci meritiamo?”.
In altri termini, il Ministero e le Università, a causa di un’istruttoria scorretta e sottodimensionata, non hanno utilizzato tutti i posti effettivamente disponibili, falsando l’offerta formativa e impedendo, negli anni, a migliaia di studenti di formarsi e diventare medici.
“L’art. 3 comma 1 della legge n. 264/1999, – puntualizzano infatti i giudici amministrativisti – nel fissare il riparto delle competenze in materia tra il Ministero della Salute ed il MIUR, gli impone a quest’ultimo di valutare altresì l’offerta potenziale del sistema universitario tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo, per cui è stretta ed autonoma competenza del Ministero e non del sistema universitario valutare l’essenza e l’efficacia dell’offerta potenziale anno per anno, nel cui giudizio entra pure il fabbisogno per assicurare un gettito omogeneo e costante di professionisti sanitari in ciascun anno accademico”.
Gettito che dunque non è stato affatto garantito. Il Consiglio di Stato ha così accolto i primi ricorsi relativi al test d’accesso del 2020. Si tratta di 10 decreti di accoglimento e, nei prossimi giorni, sono attesi anche quelli per i collettivi da oltre 500 adesioni. “Dal 2018 ad oggi – concludono i legali – sono circa 3mila gli studenti che hanno ottenuto l’accoglimento del ricorso, ma il Ministero e le Università si ostinano a non ottemperare alle decisioni dei giudici che da tre anni li obbligano a rideterminare in maniera corretta il numero di posti, per consentire l’immatricolazione di nuove e importantissime leve. Non credo che si possa attendere oltre. L’emergenza non è finita e servono più medici. Chi di dovere si assuma le proprie colpe e le proprie responsabilità. Il Ministero vuole davvero decretare la morte del Sistema sanitario nazionale?”