Un anno veramente nero, il 2020, per la “wedding industry”, che ha registrato un crollo di circa il 90% del fatturato rispetto all’anno precedente: dai 15 miliardi del 2019 si è passati ai soli quasi due del 2020. Rinviata, infatti, oltre la metà dei matrimoni, cancellati addirittura quelli “stranieri”, celebrate in forma ridotta le nozze delle coppie che hanno deciso comunque di non rinunciare a convolare a nozze.
A rendere note le stime provvisorie sulla crisi del settore é FEDERMEP, la Federazione che raccoglie imprese e professionisti del settore matrimoni.
Stime ben peggiori delle anticipazioni pubblicate pochi giorni fa dall’Istituto nazionale di statistica, che riportano una variazione negativa dei matrimoni del 50,3% nei primi dieci mesi dell’anno: dai 170mila del 2019 agli 85mila del 2020.
«I dati Istat sulla nuzialità dimezzata sono drammaticamente fin troppo rosei – spiega la presidente di FEDERMEP, Serena Ranieri – perché non tengono conto né degli sposi che hanno deciso di unirsi civilmente rinviando la festa, né di coloro che hanno allo stesso modo celebrato le nozze ma non nelle modalità sognate. Senza poi contare l’azzeramento del “destination wedding”: eventi ad alto budget e altissimo indotto. Il risultato é che si é volatilizzato circa 13 miliardi di fatturato, con previsioni veramente pessime per almeno la prima metà del 2021. Prova ne è che fino al 5 marzo le attività resteranno chiuse per decreto, con l’aggravante che stanno arrivando numerose richieste di rinvio per i matrimoni in programma in primavera».
Un panorama drammatico, quello prospettato, che giustifica il fatto che i 50mila operatori economici della filiera oltre agli aiuti concreti, finora miseri, pretendono che si faccia chiarezza sul futuro, perché gli eventi richiedano programmazione.
«Siamo consapevoli che la priorità è la salute – conclude la Ranieri -, ma non accettiamo l’idea che i matrimoni siano potenziali cluster. Al governo che verrà, quindi, chiediamo di aprire sin da subito il dialogo con le associazioni di categoria per definire i protocolli sanitari in tempo utile, prima che la stagione vada in fumo».
Intesa che si cerca anche a livello regionale, dando modo agli operatori e associazioni di categoria di dare voce alle esigenze specifiche.
«Fermo restando che la battaglia portata avanti è unica in tutto il Paese – afferma Maria Ponte di Federmep Sicilia – chiediamo un confronto con la Regione per fare in modo che la crisi, anche se già da tempo in atto, possa ben presto lasciare spazio a una nuova fase di recupero e di ripresa del settore. Siamo, infatti, fiduciosi rispetto alla volontà di agire, senza aspettare passivamente che tutto passi».