Siamo a Capo Peloro, punta estrema nord-orientale della Sicilia: una lingua di terra che costituisce il punto d’ingresso dello Stretto di Messina, segnalato da un faro
Ai greci dobbiamo tutto, anche la spiegazione dei fenomeni naturali attraverso la mitologia. E i miti greci sono qualcosa di straordinario, pare contengano il senso del mondo attraverso i racconti di fondazione, le grandi narrazioni sull’origine dell’uomo e sul senso della sua relazione con la natura.
In Sicilia ci sono i greci, e c’è la Sicilia, cioè un condizionamento ulteriore di leggende arcaiche e di mitologie ancestrali che il tempo della storia sociale ha evoluto in un ricco patrimonio di oralità diffusa. Siamo a Capo Peloro, punta estrema nord orientale della Sicilia, il cui territorio fa parte del comune di Messina, vicino ai laghi di Ganzirri.
È una lingua bassa e sabbiosa – in una Cariddi misteriosa che richiama uno dei più grandi romanzi che siano mai stati scritti, il difficilissimo “Horcynus Orca” di Stefano D’Arrigo -, che costituisce il punto d’ingresso nord dello stretto di Messina, segnalato da un faro per la navigazione.