I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina e del Reparto Operativo Aeronavale di Palermo, nell’ambito di indagini dirette dalla Procura della Repubblica di Messina, stanno procedendo al sequestro preventivo, disposto dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale peloritano, di un’area di circa 12 mila metri quadri, sita a Messina, in Contrada San Corrado del Rione Gravitelli, trasformata in discarica abusiva a cielo aperto. Le investigazioni – condotte dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e dai militari della Stazione Navale di Messina – sono state rivolte nei confronti delle ditte e società – anche registrate come ONLUS – riconducibili ai congiunti M.D. (cl. 66) e M.G. (cl. 87), operanti nel settore del movimento terra. I predetti principali indagati, con il supporto di terzi fiancheggiatori, pure indagati, hanno illecitamente sversato una quantità smisurata di rifiuti speciali, costituita da materiali di risulta derivanti da attività edili e di sbancamento, in una estesa area privata, sprovvista di qualsivoglia tipologia di autorizzazione.
Più in particolare, come documentato dalle indagini svolte, l’enorme abusiva discarica oggi cautelata, sita in località Gravitelli, in prossimità dell’omonimo torrente e di un noto eremo cinquecentesco, è stata destinataria di molteplici rifiuti, identificabili in sfabbriciti, laterizi, elementi cementizi, ceramici, plastici ed in vetroresina, residui di materiale in gesso, tubazioni, profilati in PVC, frammenti di asfalto, polistirolo, pneumatici, sanitari, terra derivante da attività di sbancamento, rifiuti vegetali derivanti da scerbatura. Nell’ambito della medesima attività, i Finanzieri hanno, altresì, sequestrato i mezzi pesanti, utilizzati per trasportare e scaricare i rifiuti speciali (prelevati presso diversi cantieri edili del comprensorio messinese), nonché mezzi da movimento terra (pale meccaniche ed escavatori), utilizzati per creare le buche che venivano riempite con i rifiuti, poi coperte e livellate. Gli accertamenti disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina ed eseguiti dalla Guardia di Finanza hanno documentato, in aggiunta, la singolare circostanza come gli odierni indagati risultassero contigui a strutturate organizzazioni criminali di matrice mafiosa: del resto, appare inverosimile che una discarica di tali dimensioni non abbia suscitato reazioni da parte della cittadinanza.
Non si esclude che tale contingenza possa trovare logica spiegazione nel possibile timore per eventuali ritorsioni, in virtù dei rapporti parentali degli indagati con il boss, ora collaboratore di giustizia, già dominante sulla zona di Gravitelli di Messina. Vieppiù, si è accertato come primarie e numerose imprese edili – impegnate in importanti opere di costruzione e/o ristrutturazione di complessi residenziali, centri commerciali, cliniche private, centri benessere, opere di riqualificazione del territorio (anche connesse all’eliminazione dell’annoso problema relativo alle baracche che grava sulla città di Messina) – abbiano scelto la più comoda – ed economica – via dello smaltimento illegale dei relativi rifiuti. Le indagini si stanno rivelando estremamente complesse e sono ancora in corso. Fin qui ciò a cui la cronaca giudiziaria ci ha, purtroppo, sempre più spesso abituato e che, sciaguratamente, è ancora spesso sottovalutato; i reati ambientali faticano a destare allarme sociale nelle comunità.
La cosa particolare dell’odierna indagine, tuttavia, è come l’area – a ridosso della tangenziale di innesto dell’autostrada Messina/Catania e nelle immediate vicinanza del centro abitato cittadino – risulti gravemente compromessa dal punto di vista ambientale: è scomparso, nel tempo, un intero strato montuoso, fino a 5 anni fa coperto da una fitta vegetazione, come noto indispensabile per garantire l’equilibrio idrogeologico. In altri termini, l’illecita e grave condotta criminale accertata dalle Fiamme Gialle ha prodotto un deterioramento significativo e misurabile di una estesa porzione del suolo, aggravato dalla circostanza come la discarica oggi sequestrata risulti attigua al nominato Villaggio Gravitelli, situato nella parte alta del torrente – oggi coperto – Portalegni, sulle colline ad ovest di Messina, a soli 2 km. dal centro cittadino. Tale torrente nascosto attraversava l’intero centro città, lungo la via Tommaso Cannizzaro, arrivando fino al mare: non v’è chi non veda come un’eventuale alluvione, peraltro sempre più frequenti in funzione dei gravi cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo, facilitato nella sua forza distruttiva da colpevoli discariche abusive realizzate a monte di antichi torrenti, potrebbe agevolmente provocare – in ipotesi – fenomeni disastrosi, sulla scorta di quanto anche di recente accaduto, nell’ottobre del 2009, nei Villaggi a sud di Messina, Giampilieri su tutti, allorquando persero la vita ben 37 cittadini di quei centri. Gli esempi potrebbero continuare all’infinito su tutto il territorio nazionale.
Tale grave situazione è ormai ampiamente nota agli Organi di Governo, tanto da spingerli ad adottare, nel recente febbraio 2019, il Piano Nazionale per la Mitigazione del Rischio Idrogeologico, il Ripristino e la tutela della Risorsa Ambientale. Successivamente, quindi, nel recentissimo luglio 2019, il Ministero dell’Ambiente ha diramato gli elenchi di interventi per liste regionali, nonché i relativi fabbisogni finanziari. La Regione Sicilia è destinataria di quasi 21 milioni di €, di cui larghissima parte, pari ad oltre 13 milioni di euro, destinati alla sola provincia di Messina, così identificandola come l’area a maggiore e perdurante rischio idrogeologico. L’operazione odierna testimonia l’impegno e la costante attenzione della Procura della Repubblica di Messina e della Guardia di Finanza, quale forza di polizia a competenza generale in materia economico-finanziaria, nel contrasto all’inquinamento ambientale, a beneficio della migliore qualità di vita, della salute e della sicurezza pubblica, nonché nella tolleranza zero verso gli ecocriminali, un business, quello dei rifiuti, che non conosce crisi.