Ha destato stupore e sconcerto l’arresto di Antonello Nicosia, accusato di aver fatto da tramite tra i boss detenuti e quelli in libertà.
Accuse gravissime che hanno portato il mondo politico e quello dell’associazionismo a prendere le distanze da Nicosia, il quale grazie al ruolo di assistente parlamentare della deputata Pina Occhionero (IV) aveva accesso alle carceri e poteva quindi entrare in contatto con quei detenuti dei quali – secondo l’accusa – sarebbe stato portavoce verso l’esterno.
La Occhionero, dopo l’arresto ha precisato che Nicosia sarebbe stato suo collaboratore soltanto per 4 mesi, ovvero fino a quando si sarebbe resa conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà.
Altra secca presa di distanza da parte del Partito Radicale, da parte di Maurizio Turco, già deputato, segretario del Partito, il quale ha voluto sottolineare come Nicosia non sia stato mai iscritto al Partito Radicale.
Come affermato da Rita Bernardini, Antonello Nicosia era iscritto al movimento dei Radicali Italiani ed era poi entrato a far parte del comitato nazionale dei Radicali Italiani, momento in cui, sostiene la Bernardini, avrebbero avuto delle divergenze che portarono a all’interruzione dei loro rapporti.
Abbiamo più volte ospitato sulle pagine di questo giornale gli interventi di Nicosia, nella qualità di Componente del Comitato Nazionale Radicali Italiani e di Direttore dell’osservatorio internazionale dei diritti umani.
Interventi, peraltro, con i quali manifestava una particolare attenzione verso tematiche fortemente sentite, quali la legalità, gli aspetti di carattere umanitario, la solidarietà e l’interesse verso le problematiche che attanagliano la vita quotidiana degli appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate, a tal punto da sollecitare interrogazioni parlamentari e altri interventi volti a prevenire i numerosi suicidi che, purtroppo, hanno segnato la vita di tante famiglie di agenti e militari.
Un uomo ben diverso, dunque, da quello che ci raccontano le più recenti cronache che non possono non stupirci a tal punto da lasciarci increduli dinanzi ad accuse tanto gravi.
In attesa che sia la giustizia a fare il suo corso togliendo ogni dubbio riguardo la figura di una persona impegnata anche nel sociale, non possiamo esimerci dal fare alcune considerazioni in merito a un sistema che mostra tutta la sua vulnerabilità.
La storia di chi in passato ha commesso degli errori, non può e non deve impedire la possibilità di un recupero, ma se rispondessero a verità quelle che oggi sono le accuse mosse a Nicosia, come non interrogarsi sulla facilità con la quale lo stesso ha ottenuto ruoli di partecipazione a comitati nazionali di movimenti politici, di direzione di associazioni onlus e di assistente parlamentare di un deputato, grazie al quale avrebbe avuto libero accesso alle carceri senza alcuna necessità di autorizzazioni e senza alcun controllo?
L’Antonello Nicosia che abbiamo conosciuto con i suoi tanti interventi in favore della legalità e della difesa dei diritti umani, ci consegna un’immagine ben diversa da quella che oggi ci viene rappresentata dai fatti più recenti, rispetto i quali se sotto il profilo giudiziario vale comunque il principio di innocenza fino a prova contraria con sentenza definitiva, così non è per quello che riguarda l’aspetto morale
E’ però troppo comodo, e troppo facile, addossare tutte le responsabilità a una sola persona. Responsabilità che penalmente sono sì soggettive, ma che indubbiamente, quantomeno sotto il profilo etico e morale, riguardano anche quella stessa politica che oggi con grande facilità prende le distanze e che forse farebbe meglio a chiedersi come sia possibile dare un lasciapassare in bianco.
Gian J. Morici