Trentacinque anni, o anche più, di lavoro. In tanti sulla strada, pochi chiusi in ufficio, se hai fatto il 112 o il 113, dopo vent’anni di sgroppate in auto o in moto, al caldo torrido o al freddo, avrai di certo conosciuto il male di schiena, disturbi digestivi, malattie cardiovascolari. Ti guardi le gambe e vedi una ragnatela di vene blu. Eppure possono essere stati anni belli, irripetibili, dove ti sei sentito davvero utile alla società. Ma alla fine assomigli ad un rottame: stivali e bandoliera, capelli bianchi, e ancora corri per le città. Fuori peso, il volto invecchiato, le grane che durano anni, e magari rimedi pure qualche condanna. Ci sei arrivato a 20 anni, magari anche a 18, ad indossare la divisa, ed è stato subito come iniziare una nuova vita. La salutare rigidezza dei primi tempi, quando ti hanno insegnato cos’è un uomo e quando invece non lo sei. Poi il servizio, più o meno fortunato, con le sue asprezze, la sua durezza (arrestare persone, pur colpevoli, non è uno scherzo), le sue fatiche non descrivibili, i sacrifici imposti anche alle famiglie. Vite modeste, se riesci a comprarti una casa dignitosa è quasi un miracolo, se sei uno pulito. Alla fine, come se fosse passato un solo minuto, ti guardi alle spalle e quel mondo in cui sei cresciuto e invecchiato, non esiste più. Stai per andare al comando del tuo reparto, consegni pistola e placca e addio. Non serve guardare e riguardare le foto ingiallite del corso, rimaste per decenni nel portafoglio, le foto dei colleghi che hanno fatto vita e carriere diverse, i camion grigioverdi, le mimetiche e gli scarponi troppo grossi perchè la tua misura non c’era. In genere sullo sfondo c’è un sole splendido e basta chiudere gli occhi per risentire l’odore dell’erba appena tagliata. Tu hai i capelli folti, il fisico asciutto e gli occhi pieni di luce. Il ricordo fa ancora più male. Quando sei entrato dall’ortopedico, anni fa, per un controllo di routine, ha capito subito: “Poliziotto o carabiniere?”. Lo aveva indovinato dalla postura. Chi per decenni si è portato al fianco la Beretta ha piegato in modo evidente la spina dorsale.
VIVERE CON 250 EURO AL MESE
Sei un uomo di saldi principi, se ti separi prima pensi ai figli e alla moglie. Divise la quote, e il mutuo che continui a pagare, in tasca restano 250 euro da spendere in 30 giorni. “E’ vero, sono in caserma, non pago miente, mangio in mensa. Ma sapete cosa vuol dire avere solo 250 euro? Non puoi fare un regalo, non puoi andare una volta volta a cena, si vegeta e basta. Per anni e anni. Non ce la puoi fare”.
E’ bastato poco per riportarti alla realtà. Il matrimonio, come accade sempre più spesso tra caserme e questure, che muore inspiegabilmente dopo decenni di apparente normalità , o tu hai deciso che basta, hai bisogno di una banale aria nuova. E allora gli anni di sacrificio con stipendi inadeguati, lasciano il posto a un incubo. Tu sei sempre lo stesso: alla mattina indossi la divisa, in perfetto ordine, la pistola, le incombenze da fare. Sai che non avrai più una vita normale. La casa dove hai vissuto non ti appartiene più, rischi di non poter più seguire i tuoi figli, la routine che ti annoiava ora ti sembra un paradiso perduto. Ti faranno la carità di una stanza in caserma, magari in una dove c’è un tuo collega, con cui dovrai ingoiare dolore e rabbia senza farti mai sentire. Se hai figli, sai che loro pagheranno un prezzo spaventoso a ogni cambiamento. Studi che saltano, questioni di salute, il superfluo così necessario per sentirsi eguale agli altri. In ogni caserma, in ogni ufficio, c’è un attimo, ogni giorno, di sospensione e di vuoto, le amarezze e il dolore salgono su come in un vortice. Non hai bisogno nemmeno di spiegarlo a nessuno, ma la Beretta si sgancia rapidamente. Punti la pistola alla testa e tiri il grilletto. Il tuo viaggio finisce qui. Colleghi e superiori, in molti casi si domanderanno: perchè? Ma risposta se la porta via il vento.
FINE DELLE ISTITUZIONI “PATERNE”
L’Arma o la Finanza sono le stesse di qualche decennio fa? Forse no. I profondi cambiamenti che hanno travolto il mondo del lavoro in genere, hanno cambiato anche le “famiglie” dei militari, dei poliziotti, dei vigili urbani. Sono tempi duri e cattivi. Il senso di stabilità, e di sentirsi parte di grandi comunità mosse da principi comuni, anche permeate di un rassicurante paternalismo, hanno lasciato posto a un mondo dove domina paura, malcontento, una sorda rabbia. Tutto va bene quando il percorso segue una linea, ma prova a ricevere una notifica dai colleghi per un’indagine della procura che tu sai ingiusta e che probabilmente finirà nel nulla. Vieni isolato, anche demansionato, perdi soldi, stima, amicizie. C’è chi si rassegna e affronta stoicamente il proprio destino, e chi invece precipita nella disperazione. Il perchè è semplice. Sino a poche ore prima eri in un rappresentate delle forze dell’ordine, stimato e benvoluto, oggi sei un indagato. Devi pagarti l’avvocato, migliaia di euro. Magari finisci pure sul giornale, carico di perfide insinuazioni. E sai che, quando e se sarai assolto, la tua storia varrà poche righe a fondo pagina. Certo, una volta era diverso. Colleghi e superiori facevano gara per proteggerti, e difendere con te l’istituzione, per fare quadrato. Oggi proprio no. Tutti hanno paura, per la carriera, o del magistrato politicizzato che non vede l’ora di fare a pezzi un carabiniere o un poliziotto per la propria sicurezza, o per partito preso: “Se non c’è una trave magari una scheggia di legno c’è…”. Sai benissimo qual’è il copione, chiuso in una campana di vetro. Intanto ti trasferiscono in uffici desolanti, la tua professionalità non conta più un tubo. Devi tacere per non fare altri danni. Come sono lontani i giorni dell’alzabandiera, il tricolore nel sole, e quel senso di appartenenza, di amore di patria; oggi pensi al tritacarne in cui sei finito, e in tanti altri prima di te, e sai che hai già perso in partenza, che i tuoi familiari pagheranno quell’ingiustizia sino in fondo, che la loro vita non sarà mai più la stessa. Al suicidio ti spinge un impulso improvviso o un gesto accuratamente meditato. Poco importa. Il suono sordo della sparo rimbomberà nelle stanze vuote. Il resto sono i soliti adempimenti burocratici.
E’ difficile dare delle risposte, senza esaminare uno per uno i casi di suicidio e senza violare la privacy. Tra le varianti c’è la scoperta di malattie infauste, l’idea di rivelarlo ai comandi vuol dire sospendere di botto il servizio, sperare in una rapida – e impossibile – guarigione, con il congedo già scritto. Morire non è un gesto vile. Significa risparmiare inutili sofferenze a chi ti vuole bene e a non ritrovarti in un letto in cui ogni giorno ti consumi senza speranza. Un gesto stoico. Per un militare è più facile. Se sei depresso, se hai sintomi di una depressione vera, chiedere aiuto agli psicologi con le stellette spesso è come auto-denunciarsi. Scattano subito i provvedimenti di rigore, via la pistola, “vacanze” obbligate”, fine di una carriera. D’ora in avanti sarai un instabile, un reietto, un malato. Se poi ti rivolgi a un medico privato, nelle piccole e grandi comunità, sarà un segreto di Pulcinella. Basta una confidenza al collega sbagliato e il cerchio si chiude. Questi uomini e queste donne che troppo spesso danno la vita per noi, vivono in un ambiente severo e complesso, attraversato dagli stessi scompensi della società. In periodi bui come questi, dominano non solo la paura, ma anche l’invidia, una rabbia generalizzata contro tutti, la delusione e la sensazione, al termine di una carriera onorata, di avere fallito tutti i traguardi, uno dopo l’altro: le pensioni sono inadeguate, sempre di più ti hanno costretto a dare l’anima in strutture senza personale e senza mezzi, dove sbagliare è quasi inevitabile. Hai visto crescere gli stipendi di ufficiali e dirigenti e tu sei lì ad aspettare che ti venga pagato un misero straordinario. Ti domandi: ma dove ho sbagliato? Ed è un’altra risposta che si porta via il vento. A te non verrà perdonato nulla, ad altri praticamente tutto e di più. Non va bene. Uccidersi è un messaggio umile ma chiaro di un’estrema e muta protesta. Forse a qualcuno rimorderà la coscienza, la maggioranza ti dimenticherà presto, dimenticheranno il tuo nome, quasi un fastidio. Tornerà in mente quando chi ti aveva voltato la testa si ritroverà nelle medesime situazioni ma sarà ormai troppo tardi. In qualche cimitero ci sarà una lapide con la foto di un uomo in divisa. Una data di nascita e una di morte. Il resto è silenzio.
Fonte: Anonimo da chat
L’ELENCO DEI MORTI DAL 1 GENNAIO 2019 *
1. 5 gennaio – San Vittore (Polizia penitenziaria);
2. 10 gennaio – Padova (Polizia di Stato);
3. 27 gennaio Foggia Polizia ferrovia;
4. 4 febbraio – San Vittore (Polizia penitenziaria);
5. 6 febbraio – Campobasso (Carabinieri);
6. 5 febbraio – Torino (Esercito);
7. 17 febbraio – Sanremo (Polizia penitenziaria);
8. 22 febbraio – Cuneo (Polizia penitenziaria);
9. 11 marzo – Clusone (BG) (Carabinieri);
10. 11 marzo – Bergamo (Polizia Locale);
11. 20 marzo – Miano (NA) (Carabiniere);
12. 28 marzo – Chieti (polizia);
13. 29 marzo – Caltanissetta (polizia);
14. 4 aprile – Firenze (polizia);
15. 9 aprile – L’Aquila (polizia);
16. 27 aprile – Catanzaro (polizia penitenziaria);
17. 28 aprile – Ragusa (polizia);
18. 28 aprile – Pisa (polizia penitenziaria);
19. 1 maggio – Vigevano (Finanza);
20. 8 maggio – Perugia (carabinieri forestale);
21. 13 maggio – Desio (polizia);
22. 27 maggio – Gazzanise (aeronautica);
23. 5 giugno – Chiaromonte (PZ) (carabinieri forestale);
24. 18 giugno – Milano (polizia locale);
25. 20 giugno – Imperia (carabinieri);
26. 10 luglio – Sardegna (polizia penitenziaria);
27. 30 giugno – Marliana (PT) (carabiniere forestale);
28. 6 luglio – Foligno (carabinieri);
29. 11 luglio – Bologna (polizia penitenziaria);
30. 17 luglio – Asti (carabinieri);
31. 29 giugno – Trieste (polizia ferroviaria);
32. 11 agosto – Follonica (carabinieri);
33. 10 agosto – Taranto (marina militare);
34. 15 agosto – Palermo (Polizia);
35. 15 agosto – Pinerolo (alpini);
36. 17 agosto – Brescia (Carabinieri);
37. 20 agosto – Cremona (Carabinieri);
38. 20 agosto – Settimo Torinese (polizia locale);
39. 3 settembre – Roma (Polizia);
40. 5 settembre – Foggia (Carabinieri);
41. 6 settembre – Roma (Polizia);
42. 14 luglio – Frosinone (esercito);
43. 15 settembre – Vibo Valentia (polizia);
44. 16 settembre – Belluno (alpini);
45. 17 settembre – Cremona (Guardia di Finanza);
46. 17 settembre – Ancona (Vigili del fuoco);
47. 26 settembre – Milano (Polizia);
48. 26 settembre – Cassano d’Adda (Carabinieri);
49. 03 ottobre – Bologna (Guardia di Finanza);
50. 07 ottobre – Milano (Polizia Locale);
51. 11 ottobre – Gaeta (Guardia di Finanza);
52. 11 ottobre – Piacenza (Polizia Penitenziaria);
53. 15 ottobre – Pieve di Teco (IM) (carabinieri)
* dati dell’Amministratore dell’Osservatorio Suicidi in Divisa
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