Un parroco fantasioso ed irascibile “fa sciopero” proprio per Natale. Invece di dire la messa solenne tradizionale lascia i fedeli avanti ad una porta sbarrata della chiesa parrocchiale. Così imparano a farsi governare da un Salvini che non vuole accogliere i migranti e contravviene agli ordini del Papa.
Un pezzo di Medioevo, un “interdetto” che lasciava città e regioni senza il supporto della Chiesa al raggiungimento di un posto in Paradiso. Ma con quel tanto di modernità che alla “bolla” di “condanna” sostituisce qualcosa che, se non è proprio uno sciopero di protesta, molto gli somiglia.
Ci eravamo abituati a vedere difesi interessi morali (e materiali) della Chiesa con l’intensificarsi del “lavoro” del clero, con un supplemento di prediche, di tridui, di veglie di preghiera.
Quel portone della Parrocchia sbarrato a Natale ha fatto una certa impressione. Il Reverendo conosce l’arte di farsi notare, quella dei gesti clamorosi. Proprio come Salvini. Don Fracassa.
Una novità. Ma anche un ritorno all’antico. I fulmini delle scomuniche di imperatori, di re, di feudatari, gli interdetti a città e territori, erano, in fondo, l’equivalente “ancien régime” degli scioperi del clero, per “ordini superiori” ma con lo stesso risultato di lasciare i fedeli privi del pubblico servizio che li assicurava disponibilità e mezzi per guadagnarsi il Paradiso.
Fantasia di un parroco irascibile. O forse la trovata di un prete desideroso di starsene in santa (?) pace in canonica a riposarsi guardando la televisione.
E tuttavia la “meccanica” di questa “protesta”, benchè rivestita della “novità” dello “sciopero” e dell’iniziativa nientemeno che di un semplice parroco di campagna, ricorda, come dicevo, l’antico e, forse prelude al ritorno di un neotemporalismo, in cui la Chiesa, con le sue “armi spirituali” democraticamente acconciate assume il ruolo di leader di un movimento mondiale del populismo, del pauperismo e dei movimenti delle masse degli indigenti provocati ed evidenziati proprio dall’estendersi ai paesi dell’antica arretratezza e della esclusione dal progresso, del globalismo dell’economia, della tecnica, dei costumi e di una conseguente emarginazione di nuovo genere. Un movimento multietnico e anche multireligioso (e di qui il ruolo temporalistico della nuova Chiesa di Bergoglio).
La religione, la fede, i riti religiosi assumono in un contesto simile la funzione di un servizio pubblico, di una ulteriore colorazione del pauperismo e di populismo mondiale. E l’interruzione dei servizi religiosi più facilmente si può comprendere come uno sciopero ed, al contempo, come uno strumento di indirizzo e di disciplina del grande movimento.
E’ questa una mia fantasia? Una forzatura? Può darsi. Intanto, però, sarebbe interessante conoscere quali siano state le reazioni delle “Gerarchie”. A cominciare da quelle del Vescovo locale.
Non credo che se ne farà, quale che esse siano, eccessiva pubblicità.
Mauro Mellini