Secondo la ricostruzione investigativa di Carabinieri e polizia e secondo quanto riferito dai pentiti il 1991 fu un anno cruciale per i rapporti tra mafia, istituzioni e politica.
Le stragi avverranno l’anno successivo. Segneranno una linea di confine storica nell’azione mafiosa verso lo Stato
Nell’autunno del 1991 Matteo Messina Denaro era già il capo mafia della provincia di Trapani, in sostituzione del padre Francesco, malato. E’ il pentito Vincenzo Sinacori a raccontarlo: “C’era anche Matteo alla riunione di fine settembre, tenuta a Castelvetrano, in cui Salvatore Riina comunicò l’avvio della strategia stragista”. Lu siccu, non aveva neanche 30 anni e già aveva il “passaporto” per decisioni di questo genere? Chi studia la storia della mafia sa, che i passaggi di potere ,non sono automatici tra mafiosi. I figli di Riina o di Provenzano non sono diventati capi di nulla. Perchè allora si autorizza il figlio di Don Ciccio che ancora giocava a fare il boss all’americana sparando a destra e a sinistra e andando dietro alle gonne corte a presidiare riunioni così delicate? Le indagini diranno che, a quelle riunioni non parteciparono solo mafiosi.Probabilmente, Matteo Messina Denaro rappresentava il padre, all’interno di un gruppo di castelvetranesi che avevano interessi precisi a dialogare con Riina. Forse, politici? Forse imprenditori? Il Processo in corso dovrebbe portare alla luce cosa sia successo veramente in quegli incontri. Non regge che, un boss come Matteo Messina Denaro abbia potuto ricevere questa fiducia da parte di chi ha condiviso la scelta stragista all’interno di quel ginepraio intriso di pezzi deviati dello Stato. I Messina Denaro erano presenti per il potere che rappresentavano ma non potevano avere la lungimiranza strategica che motivò le stragi . Loro il territorio lo dominavano . Fare “scruscio” li avrebbe messo in pericolo. Di certo , avendo partecipato alle riunioni, il loro potere contrattuale è salito di molto. Nel 1991 alla famiglia Messina Denaro gli affari vanno molto bene. Angelo Siino continua a incontrarsi con Don Ciccio e con gli amici loro che gestivano il potere pubblico e privato senza ostacolo. In quegli anni, per Siino, Palazzo Pignatelli era un luogo senza porte, almeno fino al suo arresto.
Alcuni pentiti dicono che Matteo Messina Denaro godeva di molti supportes potenti . In primis, il cognato Filippo Guttadauro , mafioso con la littra che rafforza il suo potere sposando la figlia di Don Ciccio Messina Denaro. “Invece, può farcela Matteo” diranno i pentiti . “È giovane. È deciso. Ha uso di mondo”. I suoi rapporti con Palermo diventano ottimi : sua sorella ha sposato un Guttadauro, famiglia molto vicina ai Graviano di Brancaccio e a “chi conta” nella politica regionale e nazionale. Filippo Guttadauro secondo i pentiti era “l’intellighenzia ” che i Messina Denaro non avevano all’interno della famiglia. Guttadauro è capace di costruire relazioni con tutti. Con Lui la mafia locale entra nel core business della GDO e delle 488. Inizia l’era delle aziende a partecipazione mafiosa con molti soldi da riciclare che provengono dal traffico di droga e dai grandi appalti gestiti dai corleonesi
Naturalmente, il prestigio di Matteo Messina Denaro con la benedizione del cognato cresce. Per queste ragioni, la procura di Caltanissetta, chiederà un processo per Messina Denaro, imprendibile dal 1993. La richiesta di rinvio a giudizio verrà consegnata dagli ufficiali della Dia nissena alla madre del boss, a Castelvetrano, nell’ultimo domicilio noto del superlatitante, via Alberto Mario numero 51.
Siino negli anni ’90 frequentava spesso i covi di don Ciccio Messina Denaro, allora latitante indisturbato.
Ha raccontato infatti che le riunioni avvenivano in tutta tranquillità anche nel periodo della latitanza dell’allora capomafia di Castelvetrano. “Mi stupivo-dirà ai carabinieri- di come non riuscivano ad arrestarlo né a trovarlo i sicari mafiosi di Partanna che a quanto pare volevano ucciderlo, eppure lui a Castelvetrano si muoveva indisturbato”, . E lascia intendere che all’interno delle forze dell’ordine ci fosse una talpa quando racconta di una riunione che doveva concludersi prima delle 13, “perché poi scattavano i posti di blocco”. E in quel periodo secondo Siino ci sarebbero stati gli incontri con il cavalier Carmelo Patti. “L’ho conosciuto, l’ho visto, in una riunione a casa di Filippo Guttadauro con Francesco Messina (capomafia di Mazara del Vallo) erano presenti anche un certo Saverio Furnari, che poi fu quello che mi diede informazioni su Patti e c’erano anche dei personaggi di Campobello di Mazara e alcuni politici locali.
Chi erano questi politici locali? Siino conosceva molto bene la classe dirigente e politica di Castelvetrano e del Belice.
L’operazione SAISEB , il famoso appalto delle fognature di Marinella di Selinunte e del contenzioso milionario che il comune di Castelvetrano sta ancora pagando, fu una sua operazione affaristico-mafiosa. Chi erano i complici di Siino a Castelvetrano, oltre ai componenti del clan Messina Denaro?
Qualcuno dovrebbe chiedere a Siino, chi fossero questi “colletti bianchi” castelvetranesi che facevano da tramite tra il mondo degli affari, la politica e la mafia. Colletti bianchi che, verosimilmente , hanno pure saputo delle stragi e sanno molto anche su Matteo Messina Denaro. Altro personaggio che aveva particolare influenza a Castelvetrano in quegli anni, era il manninano Pietro Ferraro . Di professione notaio e grande amico di imprenditori e politici castelvetranesi. Diverse informative dei Carabinieri segnalavano la presenza del Notaio nei salotti buoni di Castelvetrano in modo frequente dal 1986 e fino al suo arresto avvenuto dopo le stragi.
In città, si diceva in quegli anni che fosse addirittura capace di far cadere un sindaco e farne un altro. Ferraro in un una intercettazione disse:”Io prendo ordini solo da Riina”.
Il notaio era persona di statura e sapeva come gestire i rapporti con la politica e con la mafia. Non poteva parlare con i qua qua ra qua .Subito dopo l’operazione Palma che portò all’arresto del prof. Vaccarino, i mannianiani conquistarono la poltrona di sindaco. Fu l’abilità del Notaio Ferraro o fu semplice coincidenza? Venne eletto un giovane medico, appena eletto consigliere comunale a sindaco della città. Quel giovane sindaco durò poco. Si rifece negli anni successivi
Nel 1991 inizia la scalata politica anche di Pino Giammarainaro di Salemi
Carpentiere di professione, si inventa imprenditore dell’edilizia. Aderisce alla Democrazia Cristiana trapanese diventando rappresentante dei giovani democristiani. Vicino agli esattori di Salemi Ignazio e Antonino Salvo, risultati legati a Cosa Nostra, viene nominato prima presidente dell’ospedale della sua città e nel 1985 presidente del comitato di gestione dell’Unità sanitaria locale numero 4 di Mazara del Vallo
Nel 1991 si candida per un seggio all’Assemblea Regionale Siciliana al numero 4 della lista. È il primo eletto, ottenne il 46% di voti della lista, superando i tre deputati regionali uscenti. Giulio Andreotti si scomoda da Roma per sostenere la sua candidatura.
Nel 1994 viene colpito da due mandati di cattura uno per concorso esterno in associazione mafiosa e uno per corruzione e concussione: il primo spiccato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, l’altro dalla Procura della Repubblica di Marsala. Sfuggito alla cattura, resta latitante in Croazia e si costituisce dopo quasi due anni, alla frontiera italo-slovena.Per i reati di corruzione, concussione, associazione per delinquere e abuso d’ufficio, riconosce la colpevolezza e patteggia la pena di un anno e 10 mesi, risarcendo l’AUsl di Mazara del Vallo con la somma di 200 milioni di lire.. Giammarinaro ha sempre avuto ottime relazioni politiche e clientelari con Castelvetrano
Matteo Messina Denaro è ricercato anche per le bombe del 1992, che uccisero Giovanni Falcone, la moglie, Paolo Borsellino, e i poliziotti delle scorte. Per le stragi del 1993, quelle di Roma, Milano e Firenze, il padrino trapanese ha già un ergastolo ( corte d’assise di Firenze ) condanna confermata in Cassazione. L’indagine della Procura di Caltanissetta, diretta da Amedeo Bertone, consegna un nuovo ritratto importante di quel trentenne. Adesso, molti castelvetranesi onesti e vittime inconsapevoli spesso del malaffare mafioso e politico, sperano in questa indagine, per poter capire una volta per tutte, chi ha aiutato veramente Matteo Messina Denaro a diventare potente e imprendibile liberando questa città dal maligno che è riuscito a sottrarsi fin ora alla Giustizia
Fonte: Archivi, Repubblica, Corriere della Sera
Salvo Serra
Redazione Il Circolaccio