Ho deciso di scrivere questo articolo a seguito delle illazioni di Vincenzo Calcara e degli schizzi di fango che si vorrebbero mettere in circolazione ad arte. Un sistema, che parzialmente diede i suoi frutti quando vennero mosse gravi accuse nei confronti dell’allora Vicequestore Michele Messineo, del quale al processo in corso a Caltanissetta (imputato Matteo Messina Denaro per le stragi del ’92) ha parlato il Questore Rino Germanà, sostenendo di essere venuto a conoscenza del fatto che Calcara incontrava altri pentiti con i quali accordarsi per accusare persone che osteggiavano gli interessi di “cosa nostra”, tra le quali lo stesso Germanà, Messineo, l’ispettore Cusumano e altre.
La figura del finto pentito Calcara non è dunque legata esclusivamente alle vicende che riguardano (suo malgrado e artatamente costruite) il Professore Antonio Vaccarino ma fa parte di un piano strategico del malaffare più ampio. Grazie alle tempestive dichiarazioni di Calcara, nel 91, è stato possibile iniziare il depistaggio sulle stragi con le riunioni di mafia tenutasi a Castelvetrano. Depistaggio acclarato, visto che tra tutti i nomi che ha fatto non è mai stato citato Matteo Messina Denaro, lasciato così indisturbato nel potersi muovere e organizzare le stragi.
Dalla viva voce di Calcara abbiamo sentito che l’aver sminuito il ruolo di Francesco Messina Denaro, affermando che non poteva essere a capo di ‘cosa nostra” in quanto latitante, era frutto di un’informazione che gli era stata data (Suggerita da chi? Perché?). Ha dichiarato inoltre che avrebbe dovuto uccidere il Giudice Borsellino con un fucile di precisione tralasciando di dire che aveva partecipato al trasporto dell’esplosivo che sarebbe poi stato utilizzato per compiere le stragi. Un omicidio, quello del Giudice, che sarebbe stato deciso da due persone che ne discutevano mentre sorseggiavano un caffe in un bar pubblico in mezzo alla gente. Credibile?
Partendo da una lettera di quando era detenuto in Germania, indirizzata all’avvocato Gino Pantaleo, con la quale chiedeva di essere aiutato nel voler far finta di essere un pentito così da poter ottenere l’estradizione e di conseguenza tutti i benefici del caso, abbiamo iniziato a ricostruire il caso, cercando di capire cosa avvenne nel ’91 e quale ruolo ebbe il “pentimento’ di Calcara in quello che avvenne l’anno dopo.
Essendo rimasta inevasa la richiesta che Calcara avanzò al suo legale di fiducia, lo stesso Calcara pensò bene di inserire anche il nome dell’avvocato fra quelli che aveva indicato come mafiosi facendolo arrestare assieme a tutti gli altri nell’operazione Palma del maggio ‘92. Una lettera che quasi certamente era stata letta da qualcuno interessato a creare questo finto pentito, probabilmente per motivi politici, visto che le accuse hanno riguardato – oltre a Vaccarino – anche altri artefici dell’espulsione dal partito (Democrazia Cristiana) di Vito Ciancimino, che faceva parte del triumvirato Riina, Provenzano, Ciancimino e se due più due fa quattro…
Anziché però distruggere una corrente interna alla D.C., che si opponeva a Vito Ciancimino e al suo dante causa Giulio Andreotti, le propalazioni di questi falsi pentiti portarono all’annientamento del partito. Azzardato ipotizzare che il progetto fosse proprio quello della nascita di un nuovo soggetto politico nel quale far confluire i voti di “cosa nostra” in cambio di garanzie che taluni personaggi all’interno dei vecchi partiti non potevano più offrire?
Nel corso del tempo Calcara è stato dichiarato inattendibile da diversi Magistrati che in sentenza ne hanno tracciato giudizi impietosi rimettendo, implicitamente, in discussione quanto avvenuto nel corso di tanti anni, quando grazie alle dichiarazioni di Calcara, nel coprire il ruolo di Matteo Messina Denaro, diverse persone innocenti finirono con l’essere arrestate. Il giudizio dei Magistrati ha finito con il mettere in difficoltà quanti lo avevano supportato, dalle associazioni antimafia ai grandi soloni che lo hanno portato in giro per l’Italia, ai Procuratori antimafia che volevano usarlo a Castelvetrano per insegnare legalità attaccando chiunque osasse contrastarli.
Ma non sarebbe stato sufficiente quanto riportato nelle sentenze, se non ci fosse stata un’informazione non schierata in maniera acritica, che ha portato anche altre testate a interessarsi e approfondire l’argomento, assolvendo così in maniera corretta al ruolo che la stampa deve avere in un paese civile e democratico.
Oggi, grazie anche all’interessamento di queste testate giornalistiche, e al fatto che anche una certa antimafia comincia a prendere, seppur timidamente, le distanze da questo pseudo-pentito, siamo meno isolati nel portare avanti un’inchiesta sul ruolo depistatorio di Calcara che non può essere ridotto a un caso paesano, ma fa parte di un piano strategico montato ad arte da una parte dello Stato.
Di quanto abbiamo dato notizia finora, è provato in maniera documentale da atti giudiziari, testimonianze e registrazioni, che daranno luogo non più soltanto ad articoli giornalistici. Nuovi sviluppi, dei quali terremo aggiornati voi lettori, che permetteranno di fare chiarezza su un periodo buio che vide protagonisti falsi pentiti e chi tradì il Giudice Borsellino.
La macchina del fango non ci fa paura!
Gian J. Morici
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