Sembra il titolo di un romanzo ma non lo è. Non basterà solo un capitolo per cercare di capire tutto
E’ verità che non è facile da tirar fuori, nonostante anni di inchieste e di indagini più o meno depistate
Andare dietro a “piccoli mafiosi o pseudo tali ” ha dato una mano a lupi famelici ben nascosti sotto la faccia d’ agnello
Castelvetrano, ancora una volta , le inchieste contestualizzate a dovere, ci dicono che è stata al centro di relazioni mafiose complesse e confinanti con intense attività politiche e istituzionali
Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni ottanta, quando a Palermo esplodeva la guerra e i morti ammazzati non si contavano più per strada, Peppino Guttadauro,( fratello di Filippo che sposerà una figlia di Don Ciccio Messina Denaro) giovane medico che impalmava la figlia di un ricco possidente di Roccella apriva il filone trapanese.
I Guttadauro non erano “peri incritati”. Erano “allittrati e sperti”.
Giuseppe Guttadauro inteso “’u dutturi”.
Mafioso, capo del mandamento di Brancaccio, già aiuto primario di Chirurgia all’Ospedale Civico di Palermo.
Lui e i suoi fratelli capirono subito con chi schierarsi durante la sanguinosa guerra di mafia scatenata dai corleonesi. Entrarono, come i Messina Denaro ,nella galassia di Riina e Ciancimino. Queste relazioni mafiose , del resto ,trovano sostanziale prova nelle relazioni di pentiti attendibili e tramite le sentenze passate in giudicato. Anche il matrimonio tra i Guttadauro e i Messina Denaro certifica questo asse
I Guttadauro aveva ottime relazioni politiche :Michele Sanfilippo, il mancato consigliere provinciale passato in Nuova Sicilia dopo anni di militanza democristiana tra i fanfaniani bagheresi, e poi riparato nel Cdu e per poco anche nell’ Udc era con loro. Il medico era “stretto” anche con Cuffaro.
L’asse cruciale con la mafia dei Messina Denaro è Filippo, che ha sposato la sorella di Matteo Messina Denaro e fino all’ arresto avvenuto nel 2006, si occupava degli affari di famiglia a Castelvetrano. Ciascuno a suo modo, i tre maschi dei Guttadauro hanno scelto la mafia. La sorella Agata, da Peppino ha preso la passione scientifica e dopo la laurea in Farmacia ha trovato lavoro al Cervello. Dove si è occupata anche di sindacato.
Filippo Guttadauro era il codice “121” nei pizzini di Provenzano. Era l’account di Giuseppe Grigoli per conto di Matteo. Aveva il “passaporto” per entrare al Circolo della Gioventù, dove amava giocare a carte e a Palazzo Pignatelli
Non è un caso che l’ultimo covo di Matteo il boss , accertato dagli inquirenti, si trovasse a Bagheria roccaforte dei Guttadauro
Un favore mafioso: Il 23 NOVEMBRE 1993 Messina Denaro uccide a Trapani l’agente di polizia penitenziaria Giuseppe Montalto. Il poliziotto prestava servizio nel carcere Ucciardone a Palermo, nella sezione in cui erano rinchiusi i mafiosi sottoposti al 41 bis, e in quel periodo c’erano anche i boss Filippo e Giuseppe Graviano amici dei Guttadauro
L’elevazione di Don Ciccio e Matteo Messina Denaro a mafiosi di rango tramite Guttadauro
I corleonesi, dopo l’arresto di Mariano Agate devono trovare un punto d’appoggio per i loro soldi che a Palermo sono a rischio. Totò Riina , anche se quasi analfabeta, sa che i soldi sono l’ossigeno artificiale del pianeta. Tutto fanno girare e guai a metterli solo su un tavolo. E infatti, Riina, nella valle del Belice non punta solo sull’asse Guttadauro – Messina Denaro. Con Ciancimino che di soldi ne ha gestito a palate, rende operativo anche il notaio Pietro Ferraro (condannato anni fa) che durante una conversazione intercettata dirà”prendo ordini solo da Riina”. Un Notaio che si faceva gestire da un sanguinario e ignorante? Il Notaio Ferraro aveva ottime relazioni con massoni e con l’alta borghesia siciliana e di certo con Ciancimino
A Castelvetrano, oltre ad avere proprietà immobiliari e parenti, il Notaio aveva molti amici politici e massoni. Ferraro negli anni 80 dettava legge. Segue l’ascesa di Mannino e si avvicina ai manniniani di Castelvetrano . Amava frequentare la loggia massonica più potente di Castelvetrano dove erano presenti parenti e amici. Ferraro parlava con tutti i partiti che partecipavano al potere cittadino. Diede la sua benedizione anche alla giunta DC- PCI di fine anni 80
Agli inizi degli anni 90 , dentro la DC castelvetranese che aveva il 60 % dei consensi ,sostenne diversi consiglieri comunali uno dei quali diventerà successivamente sindaco. Ferraro aiutò anche un suo parente politico che rimase sempre fedele alle azioni amministrative di un ex sindaco . Il Notaio era astuto e aveva costruito buone relazioni anche con esponenti del PSI e del PCI. Un buon trasversalista cerca porte aperte ovunque. Su cosa fece Ferraro per condizionare la politica locale ci sono pochissime inchieste. Ci sono molte relazioni dei Carabinieri finite nei cassetti della Procura a fare muffa . Ferraro e Guttadauro, appare evidente che erano braccia dello stesso corpo. In questo contesto favorevole si inseriva molto bene Angelo Siino che a Castelvetrano era di casa
Molti castelvetranesi impegnati allora in politica, ricordano bene la forza del Notaio e dei suoi interventi pacificatori quando non si riusciva a trovare la quadra per eleggere un sindaco nell’era della Prima Repubblica.
Usando parole semplici, si può di certo affermare che l’area di Castelvetrano, dalla morte di Vito Lipari in poi ,diventerà terra di conquista per i corleonesi e i loro alleati. Usando un parallelismo commerciale si può dire che, i corleonesi avevano in tasca un tesoro enorme e crearono varie succursali nel trapanese, per tenerli bene conservati e agevolare investimenti allo stesso tempo.
La direzione generale senza dubbio fu consegnata agli amici di Castelvetrano. La parte militare e violenta era ad esclusivo appannaggio dei Messina Denaro, coadiuvati da Papasè , dai Furnari e dai Clemente. A questi si associarono i Geraci e anche Nanà Ciaccio Un organizzazione quasi perfetta e degna di tesi di laurea sul malaffare. Una rete mafiosa per politici e borghesi l’altra, più terrestre , per il controllo del territorio. E lo Stato stava a guardare.
Talmente si sentivano sicuri a Castelvetrano che Riina, don Ciccio e Matteo Messina Denaro organizzarono riunioni stragiste proprio a Castelvetrano. Le recenti inchieste avrebbero appurato che a queste riunioni, partecipassero anche politici e uomini delle istituzioni.
Un film di Sergio Leone? Forse.
Oppure, realtà non finita del tutto nelle inchieste giudiziarie. In tutto questo “castello” operativo si muovevano gli interessi della famiglia “corleone & co”.
Come dice il detto: Li picciuli fannu picciuli e li pirocchi fannu pirocchi“. Dal traffico della droga, delle armi, dei rifiuti pericolosi, di reperti archeologici rubati e dagli appalti arrivavano miliardi a palate. Era necessario farli girare tutti i costi questi soldi. Piatto ricco mi ficco.
A PALERMO MORTI AMMAZZATI E A CASTELVETRANO PICCIULI
E inizia così l’era delle grandi speculazioni edilizie, delle lottizzazioni facili,delle crescite aziendali verticali. Di gente con le pezze al culo che diventa grande imprenditore per merito speciale. Inizia l’era del grande comitato d’affari.
Castelvetrano “zona franca”. Pochissimi omicidi e tutto sotto controllo. il pizzo non si paga tanto è roba di rugnusi. Le guerre da altre parti. A Castelvetrano tutto tranquillo
La Svizzera docet. Dove ci sono i soldi conservati nessuno a interesse a fare guerre
Continua
Fonte: Documenti, Blog web
Redazione Il Circolaccio