Uno strano strabismo quello che sembra colpire quanti si interessano alle vicende legate all’immigrazione. Dal mondo politico, all’opinione pubblica, alle associazioni umanitarie e persino alla magistratura, tutte le attenzioni sembrano rivolte ai migranti che a migliaia arrivano nel nostro paese dopo una lunga e pericolosa traversata, ignorando di fatto quanti arrivati regolarmente dopo anni finiscono con il vivere in una sorta di limbo che li costringe a un’esistenza di stenti che di umano non ha nulla.
“Sono tutti illegali“, ha affermato il ministro Matteo Salvini riferendosi ai 150 migranti salvati nel Mediterraneo e bloccati sulla nave Diciotti, mentre infuria la polemica sul fatto che ci siano tra loro persone aventi diritto a una forma di protezione internazionale.
Da più fronti, mentre l’Europa rivolge altrove lo sguardo e non mostra alcun interesse affinchè si arrivi a una soluzione dei problemi legati all’immigrazione, si chiede che i migranti che si trovano attualmente sulla nave Diciotti vengano fatti sbarcare.
Legittime le richieste di quanti sostengono le ragioni umanitarie che ci impongono di salvare vite umane. Legittime le ragioni di chi ritiene non possa essere soltanto l’Italia a dover subire un’invasione silenziosa. Legittimo anche l’intervento della procura di Agrigento che mira a stabilire eventuali responsabilità sul trattenimento dei profughi a bordo della Diciotti, con un’inchiesta che potrebbe portare a ipotesi di sequestro di persona.
Ma cosa ne sarà e cosa ne è stato delle decine di migliaia di immigrati arrivati clandestinamente nel nostro paese? Questo aspetto sembra non dover riguardare nessuno. Accade così che persino gli stranieri arrivati in Italia da dieci anni o più, finiscano per trovarsi in una condizione di irregolarità e a condurre una vita di stenti ai margini della società. Giunti nel nostro paese con regolare permesso di soggiorno, a volte, per diverse ragioni, finiscono con il perdere il titolo che dà loro diritto a soggiornare nel nostro paese.
Spesso accade perché non riescono più ad ottenere un regolare contratto di lavoro. Lavoratori in nero, sfruttati, sottopagati, ridotti quasi in schiavitù, diventano fantasmi dei quali tutti conosciamo l’esistenza ma di cui a nessuno sembra interessare nulla.
In questi casi non esistono le ragioni umanitarie. Persino la presunta invasione silenziosa sembra cedere il passo a uno stato di fatto permette una presenza irregolare sul nostro territorio, mentre priva di ogni diritto queste persone costringendole a vivere come randagi. Non sappiamo dove vivono, come vivono, cosa fanno. Persino sotto il profilo sanitario ne ignoriamo le condizioni. Incuranti del fatto che se cinicamente possiamo disinteressarci del loro stato di salute, questi, nel caso di malattie contagiose, può diventare una minaccia anche per noi.
Nel mondo ci sono 40 milioni di persone, tra le quali otre 10 milioni di bambini, costrette a lavorare in condizioni disumane attraverso la coercizione o la minaccia fisica o mentale, trattate come merce o comprate e vendute come proprietà.
Tra questi tanti milioni, ci sono anche i tanti migranti più o meno regolari che vivono nel nostro territorio. Lavoratori in nero, sottopagati, che per pochi euro al giorno si vedono costretti a lavorare come bestie, a volte subendo discriminazioni, abusi e violenze. Uno degli aspetti più conosciuti è quello dell’impiego di questa manodopera in agricoltura. Eppure, quella è solo la punta dell’iceberg, visto che i controlli nei campi portano all’individuazione dei loro datori di lavoro che il più delle volte, quando non si arriva alle peggiori forme di violenza in danno di questi lavoratori, rischiano di essere accusati di caporalato.
Il fenomeno che invece sembra sfuggire ad ogni forma di controllo, Eppure, quello del lavoro nero, o sottopagato, quando non arriva a configurare il reato di estorsione, che vede vittime persone di qualsiasi età, genere o razza, in particolare quelle più vulnerabili, sono le forme di sfruttamento e violenze che – ancor più che nei campi o in altri ambiti di lavoro – raggiungono il massimo dell’aberrazione all’interno di mura domestiche. Del resto, statisticamente sappiamo che è proprio all’interno delle abitazioni private che talune forme di violenza si verificano più di frequente.
Soltanto negli ultimi anni sta venendo alla luce il fenomeno delle lavoratrici domestiche e delle badanti che, oltre a subire lo sfruttamento di carattere economico, sono costrette ad accettare le avance dei loro datori di lavoro e a volte i ricatti e le violenze che vanno ben oltre le molestie sessuali.
Cosa succede in questi casi? Il più delle volte non viene presentata nessuna denuncia. Il timore di trovarsi in una condizione di irregolarità spinge le vittime a tacere. Ma anche allorquando la vittima si rivolge agli enti preposti, le lungaggini burocratiche, l’apparente inerzia degli uffici, permettono ai padroni-carnefici di rimanere quasi impuniti.
Mentre le associazioni umanitarie rivolgono le loro attenzioni ai migranti irregolari presenti a bordo della navi Diciotti, mentre il dibattito politico infervora gli animi e la magistratura indaga, altre denunce presentate per lo sfruttamento di lavoratori in nero, per molestie sessuali o altri più gravi reati, sembrano rimanere lettera morta in quel pantano della giustizia che è ormai l’Italia.
Lunghi mesi trascorsi per vedersi riconosciuti i diritti salariali, permettendo al datore di lavoro di proporre accordi ai limiti della decenza, forti del fatto che lo stato di necessità finirà con l’indurre il malcapitato lavoratore ad accettare qualche centinaio di euro e chiudere così una vertenza.
Datori di lavoro che improvvisamente sembrano divenire quasi indigenti nonostante possiedano proprietà immobiliari di notevole valore e nonostante si possano permettere di dare incarico a prestigiosi e affermati legali.
Eppure ci vuol poco a verificare le “difficoltà economiche” di questi datori di lavoro. È sufficiente infatti una visura ipotecaria nominativa, che chiunque può fare e ne ha diritto, per portare alla luce una realtà ben diversa da quella del povero pensionato che non può permettersi di pagare poco più di un migliaio di euro per attività lavorativa prestata e mai retribuita.
Visure ipotecarie che- essendo atti pubblici – possono essere divulgate mettendo finalmente a nudo una realtà vergognosa fatta di sfruttamento dei lavoratori, che appartengono alle categorie più deboli.
Ma non solo di questo si tratta. Che dire di denunce per molestie sessuali che a distanza di moltissimi mesi sembrano non approdare a nulla? Nella stessa città, Agrigento, nella quale la magistratura si occupa legittimamente del caso della Diciotti, accade anche questo. Sarà necessario il gesto insensato di una delle tante vittime a squarciare questa coltre di silenzio?
Stranieri presenti nel nostro territorio, sfruttati, privati di ogni diritto, oggetto di violenze, non fanno neppure notizia. Qui non ci sono gli occhi dell’Europa puntati addosso, non c’è spazio per il dibattito politico, non c’è nulla. Soltanto vittime e carnefici le cui sorti non faranno i titoloni di prima pagina della stampa nazionale. Qui la schiavitù non fa notizia, con buona pace dei benpensanti e delle associazioni umanitarie…
Gian J. Morici