Uno tra i più noti scrittori anti mafiosi dell’epoca delle stragi aveva opportunamente coniato il termine in senso dispregiativo di uomini del disonore (Pino Arlacchi).
Tutto quanto si e avuto modo purtroppo di verificare nel tempo dimostra la fondatezza dell’abuso e dell’infangamento del termine così bello di onore. E’ stato infangato anche l’istituto della famiglia, impoverito quello dell’onore. Quanti decenni ci sono voluti perché venisse fuori che, né rispetto né onore né famiglia, ne principi ne ideali presiedevano da sempre nella strutturazione comportamentale di una consorteria mafiosa dedita esclusivamente alla commissione di efferati delitti.
Oggi è bene entrare in talune dinamiche che dimostrano inconfutabilmente come anche il termine fratellanza sia stato impropriamente usato attribuendolo abusivamente a compagni dediti all’omicidio per sopprimere gli avversari, con la variante anche della cosiddetta “tragedia”. In molti si saranno chiesti i motivi che hanno indotto Saverio Furnari a togliersi la vita in carcere. Molti sapevano le reali ragioni, ma altrettanti ne rifiutavano la veridicità, tutti però sono stati presi dalla stranezza che il finto pentito Calcara avesse indicato come “mafiosi “ quelli che nulla avevano a che fare con la consorteria mafiosa. I Giudici, questo lo avrebbero accertato solo dopo anni dalla cosiddetta operazione “PALMA”, il cui gran polverone sollevato dal depistatore Calcara Vincenzo era servito per occultare addirittura la conoscenza di Matteo Messina Denaro lasciandolo così libero di poter organizzare le stragi, quel Matteo Messina Denaro che Calcara faceva finta di non conoscere, quel Calcara che indicava invece come unico rappresentante di cosa nostra di Castelvetrano proprio Furnari Saverio, ma non indicava nessuno di tutti gli altri che già erano oggetto di continue investigazioni da parte delle forze dell’ordine, perché?
Questo, detto, e con le stesse perplessità ripetutamente espresse mentre era in carcere dallo stesso Furnari Saverio che è stato “consegnato” dai suoi sodali mafiosi perché doveva essere tolto di mezzo perchè aspirante al titolo di reggente della “famiglia” mafiosa di Castelvetrano. Reggenza, invece che doveva essere data (cosi come dallo stesso Furnari intuito) ma cosi anche come conosciuto da tutti i sodali di Castelvetrano, e così come a conoscenza degli stessi investigatori, quella reggenzza doveva essere consegnata a Nastasi Antonino, inteso papasè, qualcuno aggiungeva pure, per il merito di avere partecipato all’uccisione del sindaco Vito Lipari. Non è certamente il caso di sorvolare sul fatto che Calcara non avesse indicato nessuno di quelli che tutte le forze dell’ordine sapevano essere mafiosi di Castelvetrano con in testa lo stesso Nastasi Antonino, ma è utile oggi sottolineare quanto sfacciatamente priva di qualunque principio riconducibile ad una pur lontana parvenza di onorabilità, anche deviata, come Vincenzo Calcara, semplice esecutore di nessuno spessore, opportunamente definito fradiciume dagli stessi mafiosi, avesse indicato unico mafioso vero proprio Saverio Furnari perche cosi si potesse dare una veste di credibilità all’operazione Palma o anche invece per liberarsi di un collega scomodo e liquidarlo nella forma più subdola possibile utilizzando lo Stato e dandolo in pasto alle maglie della Giustizia, non potendo magari sopprimerlo come da attitudine criminale omicidiaria. Non c’è chi non dica tra i cosiddetti collaboratori di giustizia, quelli qualificati, realmente appartenuti a cosa nostra, ma ancor di più e meglio, tra tutti gli investigatori che si sono occupati di cosa nostra in provincia di Trapani, non c’è chi non dica che Matteo Messina Denaro non facesse altro che pagare chi indegnamente avrebbe dovuto servire lo Stato e invece se ne serviva per scopi personali, per distruggere avversari politici, per sollevare polveroni, per manovrare pentiti, per potere compiere le STRAGI indisturbato, lo stesso Matteo Messina Denaro che per sua stessa ammissione ha ucciso tante persone da poter riempire un camposanto, ora si sa in modo altrettanto chiaro che laddove non poteva uccidere ricorreva, grazie a infedeli servitori dello Stato,all’uso subdolo della Giustizia per colpire anche i “fratelli mafiosi”. non si spiegherebbe diversamente la consapevole conduzione verso l’inferno giudiziario nel quale abisso ha buttato tutti i suoi consanguinei, i veri fratelli, sorelle e parenti vari.
Maurizio Franchina