A cura di Beniamino Malavasi
Ernesto Guevara de la Serna da Rosario, nacque in Argentina.
Fu medico, poeta, padre, idealista, combattente, ma per tutti rimane “il Che”: Ernesto Che Guevara, il Comandante.
Con il suo stile pragmatico e mai banale il prof. Angelo Baviera, docente di lettere in pensione, poeta, storico, saggista, ci consegna la vita di uno dei protagonisti assoluti del XX Secolo, e forse, più di ogni altro, la vera incarnazione di quel senso di libertà e giustizia tanto vanamente cercata, nominata e bistrattata.
Un libro carico di forza, storia e anche piccoli aneddoti, come l’origine dell’appellativo “Che”, che deriva dall’abitudine di Guevara di ripetere frequentemente l’intercalare “che”, che significa “hei”. O che, da giovane, era soprannominato “El Fuser”, “il furibondo” (un segno del destino?).
Baviera ci porta in un viaggio alla scoperta dell’uomo, non solo del rivoluzionario. Dell’amico fraterno, del compagno d’armi, dell’instancabile cercatore del cuore dell’animo umano.
(…) Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo (…)
Parole semplici, cariche di speranza: il lascito di un autentico idealista ai propri figli e, di rimando, a tutti noi.
Un idealista il quale, pensando alla propria morte, è stato in grado di scrivere:
“… Quando saprai che sono morto dì sillabe strane./Pronuncia fiore, ape, lagrima, pane, tempesta…”
Un idealista non da salotto, bensì capace di portare sul campo quello in cui credeva, tanto da essere indicato dal resto del mondo come rivoluzionario, in senso spregiativo. Egli, però, mostrando ancora una volta la sua intelligenza superiore alla media, rispondendo all’idea (non propriamente positiva) che gli “altri” si erano (e si sono) fatti di lui, ha vergato queste parole:
“Lasciatemelo dire (…) a rischio di sembrare ridicolo, che il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti di amore… Bisogna avere una grande dose di umanità, un grande sentimento della giustizia e della verità…”
Non per nulla, nell’introduzione al suo Saggio, Angelo Baviera, lo ha descritto:
“…Come l’araba fenice, il guerrigliero eroico che risorgerà dalle proprie ceneri ogni volta che degli esseri umani saranno costretti a battersi per la propria libertà…”
E questa frase è emblematica, tanto da far tornare in mente le parole di Jean Cormier raccolte in un aneddoto dell’ultimo capitolo del suo celebre “Le battaglie non si perdono, si vincono sempre” (la storia di Che Guevara scritta in collaborazione con Hilda Guevara Gadea e Alberto Granada Jimenez):
“…un mendicante mi indicò ad altezza d’occhio, graffita nella pietra di un edificio, incisa per sempre fra le chiese di Saint-Germain e Saint-Sulpice, l’immagine di colui che fu soprannominato dai fedeli seguaci del portatore della croce, il Cristo Guerrigliero: Che Guevara.
Qui, l’eremita dall’odore forte diventa predicatore dell’oscurità: «Lui ritorna…» dice. Poi, con una strizzatina d’occhi piena di gioia: «Anche nelle notti più nere, c’è sempre una stella là in alto, quella del vero pastore, la stella del Che».
Angelo Baviera è bravo, e non lo si scopre certo oggi, nel trasmettere quella tensione narrativa che coinvolge, che fa desiderare di essere con Guevara tanto in Argentina, quanto a Cuba o in Congo; che fa commuovere quando il Comandante si rivolge, come un genitore qualsiasi, ai suoi figli; che fa piangere quando ci spiega come Ernesto sia morto.
Eppure, siamo sicuri che “Il piccolo condottiero del XX Secolo” (riprendendo il sottotitolo del Saggio in esame) sia davvero morto?
Il suo corpo, sì, ma l’uomo non è fatto solo di carne e ossa, è molto di più. E Baviera ce lo ricorda (come fece Jean Cormier), richiamando il discorso che Fidel Castro, amico, compagno e mentore, tenne per ricordare Ernesto:
“…E di fronte alla storia, gli uomini che agiscono come lui, gli uomini che fanno di tutto e danno tutto alla causa degli umili diventano ogni giorno più grandi dei giganti, ogni giorno che passa si addentrano più velocemente nel cuore dei popoli…”
Che Guevara finì sepolto in una fossa comune in un Paese straniero, triste destino per un cavaliere romantico che ha saputo combattere e morire in nome di un ideale universale.
Nel ringraziare Angelo Baviera per la sua Opera, arricchita da foto, poesie, lettere e scritti del “Che”, vogliamo ricordare il Comandante Guevara con uno dei suoi motti più celebri:
“Hasta la victoria siempre! Patria o muerte!”