Acque agitate tra quelli di Forza Italia.
Il “sorpasso” della Lega, conseguenza di una sopravvivenza incolore e di una “moderazione” che, anziché virtù e raccolta di virtuosi è stata accettazione ed addirittura rifugio nella debolezza nella vita politica del Paese, ha rappresentato un tardivo segnale di inesorabile declino del partito di Berlusconi. Oramai avvertito dall’elettorato, dai militanti (si fa per dire), dagli eletti e dai molti rimasti al palo.
La grottesca insistenza nel considerare tuttora esistente un’alleanza con la Lega, che spadroneggia nel Governo, pur restando all’opposizione, e, poi, l’insopportabile, benché “redditizia” in termini di consensi elettorali supponenza del Capitan Fracassa Salvini, l’ultima persona a poter svolgere un ruolo di Leader di una coalizione composita di forze assai diversificate, suscita allarme o rassegnazione. O, magari la preoccupazione di far tardi a saltare sul carro di quello che appare il vincitore.
Berlusconi è stato costretto, da prese di posizione esplicite ed anche clamorose di esponenti del suo partito a prendere atto, almeno un po’, della sconfitta, della fine di un’epoca, della mancanza di prospettiva per la sua pretesa di raccogliere e rappresentare i “moderati” in nome e nel segno della “moderazione”.
Durante la campagna elettorale politica gli erano sfuggite espressioni adatte alle prospettive di vent’anni fa. “Rivoluzione Liberale”.
Parole che non dovrebbero essere pronunziate tanto per dire e senza la coscienza di ciò che rappresenta il pensiero ed il sacrificio di Gobetti ed il suo soccombere al fascismo.
Parole con le quali non si può scherzare.
Berlusconi è stato costretto a mettere da parte il suo urtante ottimismo. Ha promesso un ennesimo “rilancio di Forza Italia”. Come? Con il suo stile, il suo ruolo di “padre padrone”: “adesso rimetto a posto io Forza Italia. Ho il mio piano, i miei uomini da mettere ai posti giusti”. Il linguaggio di un grande imprenditore, di un attivo e determinante patron di una squadra di calcio.
Promette un’ennesima rivoluzione. Tra qualche giorno. Come dire: “Ho disposto che tra qualche giorno cominci la rivoluzione”.
E’ vero che nella nostra storia c’è anche, proprio ad aprire le gesta del fatidico 1848, l’“appuntamento” che la rivoluzione che a Palermo correva voce sarebbe avvenuta il tale giorno alle ore dodici. Ma basta questo modo di porsi il problema della rinascita di una forza liberale, ora che sembra dissolversi il mito della Sinistra dopo quello del partito cattolico che, assieme, avevano strangolato le prospettive liberali nel nostro Paese, a dimostrazione che non ci siamo. Non ci siamo più. Berlusconi non ha mai concepito una forza politica come espressione di una cultura, di esigenze morali, magari di pregiudizi, di incompatibilità e di spontanea aggregazione. Una forza atta ad esprimere un Governo ma anche a sostenere un’opposizione. Capace di combattere forze politiche esplicitamente avverse, ma anche quei “poteri forti”, o, almeno, alcuni di essi. Di difenderci non solo dagli eccessi della pressione fiscale, ma anche dallo squadrismo giudiziario, dall’avvento velenoso del Partito dei Magistrati.
Berlusconi non ha mai voluto intraprendere una battaglia come quella che Tortora condusse con l’allora esistente Partito Radicale, attorno al suo caso. E ciò benché fin da allora incombesse sul Paese il peso degli autori del golpe di “Mani Pulite”. La “moderazione”, la ricerca del consenso di fantomatici “moderati” gli ha impedito di portare alle conseguenze naturali la sua battaglia contro la demonizzazione e la persecuzione giudiziaria della sua persona.
Da Forza Italia, anche nei momenti migliori della sua stagione, non è mai venuta una autentica campagna contro l’invadenza del potere giudiziario. Non una parola contro la devastazione della Sicilia e del Sud con le sciagurate norme di prevenzione, i sequestri, le confische da parte di una ignobile Antimafia mafiosa dei sicindustriali, delle Saguto, dei Don Ciotti.
Non è venuta da Forza Italia, né sembra che Berlusconi se ne preoccupi ora, una presa di posizione contro l’imbarbarimento della giustizia penale, la giustizia a misura del potere di chi la amministra. Fenomeni che hanno origini nella “giustizia di lotta”, nelle teorizzazioni sciagurate di Magistratura Democratica, ma che lo scomparire progressivo della Sinistra ha lasciato ad inquinare la vita della nostra Comunità Nazionale.
Senza questi spunti per una battaglia di libertà nelle fibre più profonde dello Stato e della Società la rivoluzione che il manager Berlusconi ci promette per dopodomani, ci preoccupa più di quanto possa aprirci alla speranza.
C’è nel Paese una sponda liberale, liberista, libertaria all’azione inquinante di una Sinistra oramai al tramonto. Che è anche una sponda avversa all’ondata populista di Grillo e di Di Maio. E di Salvini.
Non credo che Berlusconi riesca a concepire un ruolo del partito di Mediaset (quello che in occasione del referendum sulla riforma deformante della Costituzione apparve guidato più da Gonfalonieri che da lui) che imposti la raccolta e la soddisfazione di queste esigenze.
Rivoluzione Liberale. E’ una cosa seria.
La lasci perdere, Cavaliere.
Mauro Mellini
27.06.2018
P.S. Se risulterà che sbaglio, credetemi, mi farà assai piacere. Ma…