Non mi importa che dicano che mi sono “convertito” al leghismo, al populismo aggressivo (ed alquanto più intelligente di quello dei grillini) ed al “culto” del personaggio del giorno, che è, indiscutibilmente Salvini. Antipatia o simpatia non sono obbligatoriamente “motivati”. Ho una mia certa antipatia per il leader leghista (che non è nata ora ma è di vecchia data: potrei perder tempo a motivarla abbondantemente).
Mi capita però, in occasione di questi scontri verbali in cui sembra esaurirsi la vita politica dei nostri giorni ed in cui il ruolo di Capitan Fracassa sta rendendo molto, in termini di popolarità e di consenso, al successore dell’assai meno antipatico (e trogloditico) Senatur, di trovarmi a detestarne i modi, il piglio, l’esorbitanza del suo ruolo, l’intento a volte provocatorio ma a constatare e sostenere che, nella sostanza (mondata dalla sua antipatica supponenza) ha ragione lui. Cioè gli altri che lo attaccano hanno torto. E o sono cretini, o sono ancor più insopportabili di lui.
Prendiamo il caso di Saviano.
Questo signore, icona del “giornalismo antimafia” che ha ottenuto uno strepitoso successo con la sceneggiatura di “Gomorra”. Oggi Saviano ha il primato della gravità e grossolanità degli insulti a Salvini. Ed intorno a lui sembra si siano strette altre icone di una politica che sembra fatta apposta per giustificare i Salvini.
Il Ministro dell’Interno ha “minacciato”, o, piuttosto, ha tirato in ballo la questione della scorta di cui “gode” (c’è chi ne “gode”. Saviano mi sembra uno di quelli). Un Ministro dell’Interno non dovrebbe tirare in ballo possibili provvedimenti di competenza delle sue Amministrazioni per “dar forza al discorso” delle sue polemiche.
Detto questo non posso fare a meno, io che ministro non sono e non ho obblighi di riservatezza sulle notizie che ho e su quelle che miei amici generosamente mi trasmettono, a ricordare chi è Saviano, cosa che mi fa dubitare che anche nel suo caso, la necessità di una scorta per tutelarlo dalle vendette della Camorra sia almeno un pochetto esagerata.
E’ vero. La “scorta” non è un privilegio, un appannaggio di ossequio a certe personalità. Cioè, non dovrebbe esserlo. Perché a “pretendere” per sé e per quelli della propria parte una scorta e, magari, una “superscorta” (caso Di Matteo) sono quelli che se ne vogliono valere come di uno status simbol. E, magari inventano di essere oggetto di minacce e pericoli d’ogni sorta per poterla ottenere e pavoneggiarsene. Per questo Ingroia sta scalpitando.
Credo che Ingroia, da tempo uomo politico di insuccesso ed avvocato di parte civile (Azione Civile è anche il nome del suo sedicente partito) abbia molto sofferto perché gli hanno tolto la scorta.
Ma torniamo a Saviano.
Che la Camorra lo voglio assassinare perché ha avuto uno strepitoso successo letterario-televisivo scrivendo quella sceneggiatura, mi pare assai dubbio.
Che Saviano oltre che romanziere, sia anche uno “storico” della Camorra, un ricercatore di fatti e di verità nascoste, ho buone ragioni per escluderlo.
Ho, abbiamo, la prova, invece, che ama parlare e scrivere a vanvera, inventandosi di sana pianta episodi “significativi”.
Come l’episodio “significativo” del ricorso abituale alla corruzione della borghesia del Sud di cui scrisse alcuni anni fa, tirando in ballo nientemeno che Benedetto Croce ed il suo Genitore (morto nel terremoto di Casamicciola nel 1883).
Saviano scrisse, che sepolti sotto le macerie il futuro Filosofo e tutti i suoi (lui fu l’unico a salvarsi), Benedetto Croce avrebbe ricevuto dal Padre morente l’incarico di “dare centomila lire a chi lo avesse tratto dalle macerie”.
Pura invenzione. L’episodio non lo attesta né Benedetto Croce nelle sue memorie, né alcuna altra fonte. Ed è inverosimile, tra l’altro quella cifra, allora indisponibile anche da parte di famiglie assai più ricche di quella del Filosofo di Pescasseroli.
A parte il fatto che considerare “corruzione” una regalia anche vistosa a chi ti salva la vita non sembra cosa che abbia a che vedere con la corruzione, nemmeno secondo le tesi di Travaglio o di Davigo.
Ma non finisce qui. La nipote del Filosofo nel 2011 denunciò l’assoluta infondatezza di quella disinvolta affermazione di Saviano. Sbugiardandolo come doveva.
Offeso da quella contestazione della sua disinvolta “verità storica”, Saviano da diffamatore (se così poteva definirsi) si proclamò diffamato dalla messa in discussione della sua parola da parte della nipote del Filosofo. E battè moneta per essere risarcito dei danni materiali e morali chiedendo nientemeno quattro milioni e settecentomila euro. Uno che ha un alto concetto della sua reputazione.
La cosa finì nel nulla. Anche se un gesto del genere non è proprio un nonnulla.
Non è un nonnulla e prova quanto basta per capire chi è Saviano.
Io non credo che il recente battibecco con Salvini importi che il mondo, la gente si debba dividere tra chi sta con Saviano e chi sta con Salvini. E che non abbia un gran significato neppure la posizione de “Il Foglio”: “Né con Saviano, né con Salvini”.
Certo non “sto”, non posso stare con uno che si inventa storie come quella, nientemeno, su Benedetto Croce. E “sto” con Benedetto Croce, non certo per difenderlo dalla disinvoltura storiografica di un certo Saviano.
Mauro Mellini