E’ di ieri la sentenza della Corte Suprema di Cassazione che ha confermato il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Novara che ha censurato la missiva di un detenuto piemontese che invitava la propria moglie a donare € 200,00 all’Associazione “Nessuno tocchi Caino”.
L’ associazione, che vede quale Presidente il leader dei radicali Rita Bernardini e come Segretario Sergio D’elia, sorta nel 1993 e riconosciuta nel 2005 dal Ministero degli Esteri come ONG, si è sempre distinta per essere in prima linea nella battaglia dei diritti politici e civili e in special modo nelle lotte per il contrasto alla pena di morte, all’ergastolo ostativo e al 41 bis . L’Avvocato catanese Giuseppe Lipera, Presidente dell’associazione forense “Avvocatura & Futuro”, che nei giorni scorsi si è recato in visita del carcere di Catania di Piazza Lanza con gli esponenti dei radicali per constatare le condizioni dei detenuti etnei, si è detto arrabbiato per la decisione dei giudici della Sorveglianza Piemontesi.
Lo stesso alla notizia della sentenza ha dichiarato: “le sentenze sono un fatto umano e come tale possono essere non solo commentate, ma anche criticate! Ho letto che in seno alla sentenza si è giunto sinanco a sostenere che scrivere lettere a Nessuno Tocchi Caino corrisponderebbe addirittura ad un atto che pone in pericolo la sicurezza del carcere: tutto ciò ha dell’assurdo! L’associazione non solo è sempre stata in prima linea nella lotta contro le ataviche ingiustizie umane della Pena di morte e del 41 bis, ma rappresenta, insieme al partito dei Radicali, un presidio fondamentale per la lotta alle condizioni umane e degradanti del carcere.
Viva a Dio se in Italia continuano ad esservi delle associazioni di una tal fatta, perché costituiscono un irrinunciabile baluardo della libertà su temi sensibili come l’ergastolo e il 41 bis che, come affermato anche dal nostro caro Papa Francesco, costituiscono rispettivamente una pena di morte mascherata ed una tortura“.