« Condenados a muerte ». E’ la scritta su un cartello di una manifestazione a Caracas nell’aprile scorso per protestare contro la mancanza di medicinali negli ospedali. Ma i venezuelani non sono condannati a morte solo perché non hanno più di che curarsi, non hanno più di che mangiare, non hanno più pane né farina per farlo. Quando va bene hanno un’ora di luce al giorno.
Maduro, successore di Chavez, ha portato il paese alla catastrofe. Inutile fare dietrologia o andare alla ricerca di un altro colpevole. Maduro è un dittatore. Vada per l’embargo USA che non ha aiutato la situazione ma le milizie di Maduro contro i manifestanti che hanno avuto l’ordine di reprimere anche con la violenza sono frutto di Maduro. L’imbavagliamento della stampa, la persecuzione dell’opposizione. Maduro non era altro che autista di autobus, con tutto il rispetto per ogni lavoro, e vinse le presidenziali del 2013 con soltanto il 50,7% dei voti.
Il sindaco di Caracas Antonio Ledezma, oppositore di Maduro, è riuscito a trovare rifugio in Spagna. In Venezuela era agli arresti domiciliari, accusato di cospirazione. Ha lanciato un appello a Maduro chiedendogli di lasciare il posto ad un governo di transizione « Maduro non può continuare a torturare il popolo venezuelano che sta affamando a morte. ».
I venezuelani all’estero trovano porte chiuse presso le Ambasciate ed i Consolati. Non possono rinnovare i passaporti, non possono rientrare nel loro paese, da dove, in realtà, tutti cercano di fuggire. Vanno in Chile, in milioni cercano di raggiungere la Colombia.
Ieri le urne hanno parlato o piuttosto taciuto. L’astensione è stata altissima, storica: 82,68%. Si parla di 693.789 voti dall’estero ma non si sa da quale “estero”… le ambasciate erano chiuse e il più sovente c’erano sono manifestanti anti-Maduro.
Ma poiché non esiste un quorum al dittatore venezuelano bastava anche lo 0,5% per vincere. Non posso che chiudere con un augurio. Che Maduro riprenda il senno e non sbatta più in galera i dissidenti ma che riprenda il dialogo e ridia il pane al proprio popolo!
Luisa Pace