(E LA MAFIA DELL’ANTIMAFIA)
“Presi da altro, abbiamo trascurato di dare conto dell’idea di giustizia emersa (??!!??) al Festival Sun (?) di Ivrea. Quello di Davide Casaleggio”. L’ha dettagliata (sic) Nino Di Matteo, P.M. del processo sulla Trattativa… Possiamo riassumerla così…”.
Questo si legge, udite! udite! Su “La Stampa” di Torino in un articolo di Mattia Feltri di ieri, 11 aprile 2018.
Forse perché non siamo “presi da altro”, ma assai più verosimilmente perché capaci di valutarne l’importanza assai maggiore dell’”altro” che distrae Feltri e “La Stampa”, avevamo parlato ripetutamente della manifestazione di Ivrea organizzata dal padrone della S.p.a. Movimento Cinque Stelle. E non da ieri, ma da anni a costo di beccarci chi sa quante battute sulle monomanie senili, abbiamo illustrata, analizzata, contestata, sputtanata l’“idea di giustizia”, che non è solo del “Sun” (qualunque cosa esso sia!) né solo di Di Matteo.
L’idea della “giustizia di lotta” che, poi, inesorabilmente è destinata a diventare, diventa ed è diventata, lotta alla giustizia. Alla giustizia giusta, naturalmente. Chè altro non ne conosco e non ve n’è.
Il risveglio di Matteo Feltri e, soprattutto de “La Stampa”, il giornale serioso di Torino, della FIAT (ma non so bene), della Famiglia Agnelli (ora sappiamo…) non è tuttavia cosa da poco.
Forse perché preso anch’io da altre cose, o, più probabilmente perché sarebbe stato impossibile il contrario, non mi era mai capitato di leggere su “La Stampa” (e così pure sugli altri giornali seriosi ed autorevoli del Nord) qualcosa di decente (cioè di non cretinamente apologetico) su Nino Di Matteo. E ciò malgrado il ripetersi dei riti buffoneschi e, malgrado ciò, allarmanti, delle “cittadinanze onorarie” (quante in Piemonte, in Lombardia, nel Veneto?).
Quanto all’idea di giustizia, come giustizia di lotta e di lotta alla giustizia, bisogna andare ai tempi di Leonardo Sciascia, al quale veniva concesso qualche spazio perché parlasse anche di mafia. Era uno scrittore, e molta gente seriosa pensa che agli scrittori, purché non esagerino e facendo attenzione di non dar loro troppo credito, si può concedere di “parlar male di Garibaldi” sempre a sapersi destreggiare ad apprezzare solo gli aspetti “estetici” e letterari dei loro scritti.
Né la scoperta de “La Stampa” è limitata solo al Di Matteo-pensiero, inteso in senso personale. Il pezzo di Feltri ricorda, citando, in verità “Il Dubbio”, la vicenda della Famiglia Niceta, storici grandi commercianti di Palermo, sospettati di essere sospettabili di essere mafiosi e, nientemeno, prestanome di mafiosi, le cui aziende commerciali sono state sequestrate e, così, mandate in rovina ed in bancarotta, per poi giungere alla conclusione che non c’era da sospettare la sospettabilità dei Niceta, ma ciò dopo averli rovinati e, con loro un intero settore economico e diecine e centinaia di lavoratori di Palermo e della Sicilia.
Pare che Di Matteo c’entri anche in questa gloriosa impresa della antimafia mafiosa e sciagurata così come nella gaffe del processo per l’assassinio di Borsellino. Ma c’entri e non c’entri Di Matteo, il caso Niceta è comunque il caso simbolo della devastazione dell’economia siciliana, operata, con la soppressione della certezza delle proprietà aziendali e dei valori patrimoniali che fa venir meno ogni garanzia del credito anche alle imprese più vitali e fortunate.
Basta questo riferimento per dare all’articolo de “La Stampa” un valore ed un’importanza imprevisti. Dobbiamo dire che finalmente ci si è accorti anche al Nord, a Torino, a Milano, che il dissesto cronico ed insanabile connesso al regime dell’aleatorietà di ogni patrimonio delle aziende in Sicilia ed al Sud esposte ai sequestri per sospetta sospettabilità di mafia, alle prevaricazioni delle molte Saguto (che tante ce ne sono) non è una catastrofe che possa considerarsi troppo a lungo circoscritta e limitata in confini territoriali. La Famiglia Agnelli non può parlare di ciò come delle stranezze di quei poverini di laggiù,
Se a questo si aggiunge il progetto di estendere il sistema dei sequestri per sospetta sospettabilità ai casi di anche sospetta corruzione si capisce perché “La Stampa” abbia, alla fine, da vincere la tendenza ad aver altro cui pensare che alle cazzate di Di Matteo e della Casaleggio&Grillo Movimento Cinque Stelle S.p.a.
Meglio tardi che mai. Ma non c’è da essere troppo ottimisti nella capacità di “tardare” ancora di certa gente.
Mauro Mellini