Nella giornata di ieri presso il Tribunale di Agrigento, dinanzi alla Giudice Infantino, si è celebrata una delle udienze che vedono sul banco degli imputati Giovanni Rocca, accusato dalla donna che aveva sposato – Fatma Amdouni – di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, aggravate dall’essere state commesse per eseguire un altro reato.
Di questa vicenda, approdata alle aule giudiziarie sia in sede civile con una causa di separazione, sia in sede penale presso il Tribunale di Agrigento, ne avevamo scritto nei giorni scorsi.
Secondo il Pubblico Ministero che aveva chiesto il rinvio a giudizio del Rocca, questi, con numerose e reiterate condotte sottoponeva la moglie a maltrattamenti di natura fisica e psicologica tali da cagionarle penose condizioni di vita, offendendola con espressioni volgari e ingiuriose.
Inoltre, nel periodo dal 17 settembre 2012 al febbraio 2013, l’uomo si sarebbe allontanato dall’abitazione coniugale, facendo mancare i mezzi di sostentamento alla propria compagna. Il Pubblico Ministero, nella richiesta di rinvio a giudizio riporta – in danno della Amdouni. – ulteriori ingiurie, minacce, e percosse che avrebbero causato lesioni personali consistite in trauma policontuso con trauma cranico facciale.
Ieri, dinanzi la Giudice Infantino, erano presenti Giovanni Rocca, difeso dall’avvocato Serena Gramaglia, e Fatma Amdouni, con il suo legale, avvocato Giuseppina Ganci.
Nel corso dell’udienza è stata sentita l’unica teste presente in aula, l’avvocato B.C., che ha narrato i fatti dei quali è stata testimone il 3 novembre 2012, quando venne anche sentita presso la locale Questura.
La teste ha sostanzialmente confermato i punti che sono stati oggetto di precise domande dell’avvocato Ganci, riferite alle dichiarazioni verbalizzate a suo tempo.
Alla domanda del Pubblico Ministero, la testimone ha risposto di conoscere la Amdouni che abitava nello stesso stabile dove risiede la sua famiglia, narrando come il 3 Novembre 2012 lei si trovasse a casa della madre quando udirono delle grida e poi qualcuno bussò alla loro porta gridando aiuto.
Aperta la porta di casa, sulla scala dello stabile, vedevano la Amdouni e il marito, Giovanni Rocca. Alla domanda sulle condizioni in cui versasse la donna, la teste ricorda che era agitata e le riferiva di aver subito un’aggressione da parte del marito.
Già il 3 Novembre 2012 – a distanza di un paio di ore dall’accaduto – la testimone aveva fatto mettere a verbale che “nella circostanza la Fatma mi riferiva che poco prima era stata picchiata dal marito e portandomi all’interno della sua casa, mi faceva notare un martello appoggiato sulla libreria riferendomi che poco prima lo stesso (Giovanni Rocca -ndr) l’aveva colpita con il predetto martello alla testa. Mi riferiva altresì, che il di lei marito tale Rocca Giovanni, afferrandola per i capelli la sbatteva, più volte, contro la libreria e contemporaneamente la colpiva con le mani al viso”.
Oltre a narrare di precedenti aggressioni da parte del Rocca in danno della Amdouni, apprese dalla teste a seguito di quanto raccontato dalla donna, la stessa faceva verbalizzare che “nella circostanza notavo la casa della predetta Fatma, a soqquadro e notavo un vaso in terracotta in frantumi, in quanto la stessa mi riferiva che il di lei marito lo aveva lanciato alla stessa colpendola”.
Alle domande formulate dal difensore della Amdouni – l’avvocato Giuseppina Ganci – che ricordava quanto dichiarato e messo a verbale di sommarie informazioni, l’avvocato B.C., in buona sostanza, rispondeva affermando di confermare quanto dichiarato in precedenza.
Poche le domande poste dalla difesa dell’imputato – avvocato Serena Gramaglia – e in particolare se fosse possibile che a bussare alla sua porta fosse stato il Rocca e se fosse stato lo stesso a chiedere di chiamare la polizia.
Alla prima domanda la testimone ha risposto di non poter sapere chi fu a bussare alla sua porta. Alla seconda, alla quale ha fatto seguito la precisazione da parte dell’avvocato Ganci che ha riletto dinanzi al Giudice quanto dichiarato in precedenza dalla teste, la stessa ha risposto che se aveva dichiarato che a chiamare la polizia era stata la donna (che non potendosi esprimere le passava il cellulare con il quale lei stessa aveva messo a conoscenza il personale della Polizia richiedendone l’intervento) non poteva che confermare le precedenti dichiarazioni.
Subito dopo l’accaduto, la stessa avvocato B.C. aveva puntualizzato e fatto mettere a verbale“che da quando la Fatma è venuta ad abitare presso l’abitazione del Rocca, da otto anni circa, è diventata consuetudine udire grida e richieste di aiuto, da parte della donna perché oggetto di maltrattamenti, tanto che tutti gli abitanti dello stabile sono a conoscenza di quanto riferito”. Ma nonostante tutti gli abitanti dello stabile – secondo quanto affermato dalla teste – fossero a conoscenza di quanto accadeva, la difesa della Amdouni, rappresentata all’epoca da un altro legale, non ritenne di dover produrre una lista testi che adesso avrebbe potuto assumere un ruolo determinante per provare eventuali ed ulteriori episodi di maltrattamenti e violenze.
La prossima udienza, nel corso della quale dovranno essere sentiti altri due testi, è stata fissata per il 26 aprile.
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