Ho inteso affermare da qualcuno che non esito ad ammettere sia assai meglio informato di me che “l’Europa non si fida più della nostra Sinistra e vuole che le elezioni le vinca il Centrodestra”.
Da povero provinciale italiano, che non conosce due parole di inglese, che dell’Europeismo porta il segno di un’antica speranza di libertà e di comune rivolta contro oppressioni e sciocchezze, ho le mie non irragionevoli riserve contro un assioma del genere. E credo che anche questa sia una fantasia dietrologica che non è patrimonio solo dei nostri signori magistrati e dei nostri pretesi magnati di pasticcetti e grossi pasticci affaristico-internazionali.
L’Europa, quel tanto di struttura politica di grandi interessi europei, vuole certamente nel nostro Paese, come in altri, specie se considerati di second’ordine, “stabilità”. Un desiderio che ha sempre avuto ma di cui non ha saputo che perseguire l’opposto. La stabilità vera questa gente, la accetta e, semmai, la persegue solo nei suoi Paesi. L’antica politica delle “Potenze” di mestare con le fazioni (e non le migliori) del Paese dei Guelfi e Ghibellini è e rimane l’orizzonte politico di quegli ambienti.
Al quale corrisponde ed ha sempre corrisposto una corrività balorda nel confidare nei favori di partiti e personaggi stranieri, la segreta aspirazione all’investitura da parte di nuovi imperatori d’Oltralpe del “feudo italiano”.
Questi “grandi interessi” stranieri ed europei, questi ambienti dell’alta finanza e dell’altissima politica europea se hanno avuto affezioni ed hanno perseguito obiettivi nella politica interna del nostro Paese, hanno fatto grossi e spesso irreparabili errori. E non parlo di misteriose operazioni di “deviazioni”, di fomentazione di terrorismo e, magari, di guerra civile, ma di quel tanto di intromissioni plateali e di manovre sui partiti ed i governi italiani che anche uno sprovveduto delle grandi operazioni internazionali come me può aver capito ed ha capito.
Partiamo da lontano. L’intervento contro il reale pericolo comunista, che uno snobismo di una cultura sinistrorsa del nostro Paese ha cercato sempre di negare e, magari di ridicolizzare, è stato goffo e sostanzialmente consistente nel favorire, se non l’estremismo fascista, una versione neo-clericale della democrazia, l’invadenza del potere politico ecclesiastico, che ha bloccato e distorto un vero ritorno alla democrazia ed alle libere istituzioni. Quando questo sistema ha mostrato le sue crepe ed i suoi pericoli, invece di puntare su una ritrovata capacità di governo del Partito Socialista, è subito venuto, assieme al finanziamento della scissione di quel partito ed alla costituzione di un inconcludente Partito Socialdemocratico, un troppo facile appoggio ad una versione “all’italiana” della politica del Partito Comunista, al “compromesso storico” ed alla creazione di un sinistrismo vago ed inconcludente. Poi è venuto l’appoggio alla “palingenesi” di Mani Pulite, alla demolizione del sistema dei partiti, preceduta da uno scoperto intervento “preventivo” con l’operazione P. 2 (anti P2) in cui la Massoneria inglese ha guidato quella che poi si è risolta in una sorta di mattanza antimassonica, divenuta così praticabile dal Partito dei Magistrati.
Problemi di “stabilità” non si sono posti quegli ambienti così grettamente economicisti d’Europa e d’America nel pianificare la defenestrazione di Berlusconi e di tutto il Centrodestra, per ritrovarsi con la consegna dell’Italia ad un insulso e melmoso pasticcio Cattocomunista e, più seriamente, nelle mani del Partito dei Magistrati.
Che oggi quegli stessi ambienti, quei “poteri” forti d’Europa, quei grandi interessi puntino su la rinascita di un berlusconismo che essi stessi avendo disinvoltamente liquidato o concorso a liquidare può darsi. Ma se così è non so se ci sia la rallegrarsene, anche ad essere privi di ogni riserva per un Centrodestra troppo preoccupato di reprimere al suo interno ogni fermento veramente liberale.
Dite pure che questo è il pessimismo di una senile incontentabilità. Ma io non cambierò idea che di fronte ai fatti. Di cui non vedo né l’attualità, né i progetti e le speranze.
Mauro Mellini