A spiegare le ragioni per le quali la storia del Colonnello Carlo Calcagni, vittima dell’uranio impoverito, sarà presto un film, è lo stesso regista, Michelangelo Gratton, rimasto affascinato da quest’uomo che non si arrende dinanzi a nulla:
“In questi anni ho raccontato tante storie incredibili, storie di sofferenza e riscatto, di coraggio, orgoglio e dignità. Esempi bellissimi a cui ispirarsi, valori importanti da trasmettere alle generazioni del futuro, quelle che dovranno abbattere tutte le barriere. Ma la storia di Carlo è quella che più di tutte mi è rimasta nel cuore per il suo straordinario valore umano e la sua impareggiabile forza interiore, per la sua lotta ostinata contro un destino vigliacco e beffardo…un vero indomabile guerriero che giorno dopo giorno si regala la meravigliosa bellezza della vita e un posto indelebile nel cuore di tutti noi”
Michelangelo Gratton
Sale sulla cyclette e pedala a tutta. Il sudore gli gronda dalla testa, le ciocche di capelli vanno all’ingiù. Il ritmo incalzante è seguito dal tam tam musicale che lo accompagna. Finisce l’allenamento, si adagia a terra, stravolto, fino a distendersi. L’occhiolino elettronico lo immortala: parte dalle gambe che – in preda dal Parkinson – iniziano a tremare, gradualmente sale finché arriva al suo volto che – tanto insospettabilmente quanto straordinariamente – emette un sorriso illuminante. Un brivido non può non scorrere lungo la schiena.
Questo granitico inno alla Vita nonostante tutto, nonostante il suo corpo sia ormai quasi del tutto minato ed il suo stato di salute sia un continuo aggravarsi per la grave malattia neurologica cronica, degenerativa e irreversibile. Queste immagini ti entrano in loop senza lasciarti mai. Sprigiona una forza gigantesca: è così che l’Uomo, Carlo Calcagni, supera i tanti ostacoli quotidiani: – almeno 18 ore di ossigenoterapia per una gravissima ipossia dei tessuti;
– 7 iniezioni di immunoterapia a basso dosaggio;
– 4 / 5 sono le ore che deve passare attaccato alle flebo;
– un’ora di sauna infrarossi;
– plasmaferesi (una sorta di dialisi) e altro ancora;
– interventi, spesso in situazione d’urgenza;
– 300 è il numero delle compresse che deve assumere durante l’arco della giornata, ma non finisce qui poiché, anche durante la notte, la terapia deve continuare restando attaccato ad un ventilatore polmonare.
Si sottopone a tutte queste terapie “SALVAVITA” da ormai oltre dodici anni, ogni giorno, e dovrà farlo per tutta la vita. “MAI ARRENDERSI!” è il karma del colonnello Carlo Calcagni, Ufficiale del Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano. Un militare, servitore dello Stato.
“Chi è stato un militare, lo è e lo sarà per sempre! La mia professione? Una vera e propria passione, oltre all’innata attitudine: Pilota Istruttore di Elicotteri.”; impegnato in più Missioni Internazionali di Pace, resta vittima dell’uranio impoverito nel 1996.
“Sono un convinto Patriota: ”SIAM PRONTI ALLA MORTE…” recita il nostro Inno Nazionale. Le parole più belle e le scriviamo sul nostro cuore, sulla nostra pelle, prima ancora che inizi l’addestramento! Ubbidiamo ai nostri superiori. Sempre! Ubbidire ai superiori è un modo di riverire la nostra Patria. Nessuno pensi che si possa andare in quei teatri di guerra a prestare soccorso a corpi dilaniati dalle bombe, solo per un salario, anche se di tutto rispetto.
Senza una fervida fede, non affronti tanto dolore, tante privazioni, tanto disagio. Io c’ero in quei teatri di sangue; con l’elicottero cercavo di salvare vite umane. Scendevo abbracciando quei fratelli feriti e li portavo via da quei campi di morte. Sapevo, tutti noi sappiamo che un angolo di cielo è sempre pronto per noi soldati. Questa consapevolezza ti rende solo più orgoglioso e ancor più determinato.”, così si racconta Carlo.
Distaccato in Bosnia, a Sarajevo, fa oltre 50 ore in missioni, fra attività di ricognizione e recupero feriti, in un Paese che stava uscendo da una guerra civile devastante. Una storia da raccontare per interiorizzare e agire.
“Mai avrei potuto immaginare che qualcuno fosse a conoscenza, senza informarci, di un altro nemico, sconosciuto, invisibile, più subdolo, più crudele, più vigliacco: l’Uranio Impoverito!
La giustizia forse farà luce su questa crudeltà, ma intanto si contano i morti, purtroppo tanti, troppi! E le sofferenze? Indescrivibili! Il dolore, la sofferenza, si accumula alla rabbia quando scopri che il tuo corpo si sta distruggendo non per un colpo di fucile, non per l’esplosione di una mina, ma per un vile attentato alla tua vita da parte di chi avrebbe dovuto proteggerla: la tua Patria!
Vorrei tanto sperare che non sia così! …..ma devo andare avanti! Sono un Padre, sono un figlio e sono un Uomo oltre che un militare. E suona l’Inno di Mameli; la mia mano è sul cuore! Scaccio questi pensieri! Ho vinto… ho vinto… ho vinto!! Siii ho vinto ancora!!”
Una trama che Michelangelo Gratton si appresta a far diventare un film da non perdere. Dal 2 al 5 gennaio il giornalista di Ability Channel raggiungerà Carlo nella sua a casa a Salice Salentino. TRICICLO SALVAVITA: Come ognuno di noi, si alza ogni mattina, ma spesso lo fa dopo notti insonni per i grandi dolori… con uno scopo importante: essere di esempio e trovare le energie per salire sulla sua bici: una bici speciale perché è un triciclo che ha soprannominato “TRICICLO VOLANTE”.
“La mia passione, la bicicletta, l’ho dovuta adattare alla mia nuova tormentata situazione sanitaria” , “la mia macchina di salvezza: la più bella terapia che conosco! Concentro cuore… testa e gambe … e comincio a pedalare”: lo fa per sé stesso, perché se non facesse questa “terapia” per due – tre giorni, resterebbe bloccato e non riuscirebbe nemmeno a camminare; lo fa anche per gli altri, perché è grazie allo sport ed attraverso le sue vittorie, che è riuscito, nonostante sia continuamente soggetto ad attacchi e venga messo in dubbio da personaggi che non posseggono dignità, ad accendere i riflettori su argomenti che “devono” restare nascosti; ha riacceso una luce di speranza per chi la speranza l’aveva già persa e lo fa combattendo contro il muro di omertà innalzato da chi non vuole che si parli dell’uranio impoverito, che ha ucciso molti suoi colleghi e che lo devasta ogni secondo della sua vita.
“I dati clinici dimostrano che non dovrei stare in piedi… ma le “giuste” terapie… non soltanto mi consentono di sopravvivere… ma attraverso lo sport… mi permettono di vivere… nonostante tutto.” “Oramai vivo quasi sempre girando da un ospedale all’altro. Quintali di medicine, palliativi che so non potranno mai guarire ma solo tentare di preservare e rallentare la malattia autoimmune degenerativa e irreversibile.
Tutti i miei organi riportano danni, ma non sono solo. Purtroppo non è successo solo a me. Ci sono altri commilitoni. Ragazzi che muoiono lentamente senza reagire, abbandonandosi, arrendendosi tristemente, alzando la bandiera bianca! E per noi militari arrendersi è la peggiore situazione morale: Arrendersi mai!”
Carlo pedala per alimentare il suo desiderio di viversi ogni istante e di sorridere nonostante tutto; pedala per lanciare messaggi di speranza come questo: “Non ci sono limiti… i limiti sono solo quelli della mente. Non aspettate che sia la sorte a metterti con le spalle al muro e a far tirare fuori il meglio che è in ognuno di noi. Valorizzate ogni giorno quello che avete e vivete le giornate a tutta”. I farmaci e le terapie rigorosissime lo fanno sopravvivere, ma è la bicicletta – sua grande passione – che lo fa vivere veramente.
Era un ciclista d’altri tempi: Gran Fondo da più di 200 chilometri e distacchi sugli avversari che si calcolavano in minuti. “Ma quella era solo passione: quando mi proposero di fare l’atleta professionista dissi di no e continuai a volare, perché il lavoro per me era prima di tutto. Divenni anche istruttore, dopo che ero stato scelto per le mie “particolari” attitudini al volo e perché avevo il profilo idoneo: ero stato il primo del corso piloti di elicottero, con una votazione finale altissima.
Sono un uomo, un soldato, un ufficiale che in una missione internazionale di “pace” ha incontrato un nemico terribile. Un nemico invisibile, un nemico subdolo ed efficiente: l’uranio impoverito! Ora lotto per vivere. Mi alzo ogni mattina, spesso dopo notti insonni per i grandi dolori, con un unico scopo: essere di esempio e trovare le energie per salire sulla mia bici. La mia macchina di salvezza. Concentro cuore, testa e gambe e comincio a pedalare Il dolore si attenua ed io vado più forte: la vita mi prende, la vita rientra in me attraverso l’aria che pizzica, le gambe che si induriscono e il cuore che batte forte. Ogni volta è sempre più difficile ma io non mollo perché è proprio quando il gioco si fa duro che i duri iniziano a giocare.”.
MALATTIA Nel 2002 proprio la bici gli lancia un segnale: non riesce più ad allenarsi. I medici parlano di gravi problemi di fegato e disfunzione della tiroide. Nel suo fegato ci sono particelle metalliche tossiche. “Sarajevo era stata una zona intensamente bombardata. L’uranio impoverito contenuto nei proiettili polverizza tutto e quando le polveri si alzano le respiri, dopo 30 secondi non sono più smaltibili. E sapete quanta polvere alza un elicottero? Non avevamo nessun tipo di protezioni, mentre gli altri contingenti sì…”.
Nel 2007 arriva la riforma assoluta: fino a quel momento avevo il 60% di invalidità che, a causa dell’aggravamento, passa al 100%. “Non volevo farmi riformare ma sono fuori. Il fisico è minato, ma anche la testa vacilla. Quasi sempre a letto con la cyclette in camera. Ogni tanto provo a salirci sopra. Ma non ce la faccio fare più di qualche pedalata, devo smettere quasi subito.
Poi nel 2010, dopo che era stata diagnosticata la necessità urgente di trapianto di midollo allogenico e non trovando un donatore compatibile, inizio una cura nuova in Inghilterra. Il mio fisico reagisce bene e i medici mi dicono che riprendere a fare attività fisica mi può fare bene”.
Grazie al protocollo d’intesa fra il Comitato italiano paralimpico e il Ministero della Difesa entra nel GSPD, il Gruppo sportivo della Difesa costituito da chi ha contratto infermità permanente in servizio e inizia a sognare di nuovo. “La prima classificazione mi consente di stare ancora su una bici “normale”, ma qualche mese dopo, causa anche una forma di degenerazione neurologica con caratteristiche Parkinsoniane, mi passano al triciclo. É un altro duro colpo per la mia psiche: perché io non amo fare “compassione”, ma voglio mostrarmi come una persona normale, con la sua famiglia e le sue abitudini”.
Vince due ori in Coppa del Mondo, è proiettato alle paralimpiadi di Rio 2016 fino a quando, dopo aver vinto due medaglie d’oro ai campionati italiani, gli arriva un’altra mazzata: l’accusa del “presunto” doping: una “sospensione cautelare” per tracce di un farmaco dopante.
Io avevo denunciato tutte le medicine che devo prendere e senza le quali non sopravvivo prima di iniziare l’attività agonistica. So di non avere assunto nulla di irregolare che non sia nei prescritto nei certificati medici. Il metabolita di cui hanno trovato “tracce” deriva da un farmaco “preventivamente” autorizzato sia dal CIP ( Comitato Italiano Paralimpico) sia dalla WADA (World Anti Doping Agency) tanto che la sospensione cautelare viene immediatamente revocata. Eppure, con una sentenza che ribalta inaspettatamente il giudizio di assoluzione di primo grado, il Colonnello viene sottoposto a squalifica sino al 2019.
Per chi come lui da allenamenti, competizioni e sfide contro i propri stessi limiti trae ogni giorno la forza per vivere e contrastare la disperazione, questa condanna è inaccettabile e devastante. “Ancora una volta, mi sono sentito crollare il mondo addosso…subire una squalifica così lunga, senza aver contravvenuto ad alcuna regola sportiva, mi ha lasciato in questi mesi in un profondo stato di delusione e prostrazione, abbandonato da quelle istituzioni che professano invece vicinanza ed attenzione allo sport per disabili.” Eppure, grazie ai sorrisi dei suoi figli e della sua famiglia, all’affetto di chi gli vuole bene e dimostra anche da lontano o solo virtualmente la propria solidarietà ogni giorno, Carlo continua a stare in sella, a pedalare nonostante la fatica, i dolori, l’invidia, i tentativi di mettere a tacere la sua storia.
La sua è la storia di un moderno Uomo d’altri tempi. Non molto tempo fa, Carlo scriveva sui blog: “Non ho mai amato il ruolo della vittima… ho sempre detestato far luce su quanto dolore c’è nel mio corpo e nella mia anima… in ogni occasione ho gridato a voce alta che chi si piange addosso arrugginisce… e lo credo fermamente. Ma oggi… alle soglie di un nuovo intervento… con la sofferenza dell’ennesima setticemia addosso… e la necessità di dover trovare una vena… almeno due volte al giorno… per poter praticare terapia salvavita… ho bisogno di esprimere tutta la mia amarezza…per una condanna che non mi sono cercato… per un destino che mi ha riservato tante prove… forse troppe. Questa amarezza si trasforma in rabbia quando ciò che soffro quotidianamente… e che è ampiamente ben documentato da vecchi e più recenti referti e report clinici… che non lasciano alcun dubbio rispetto alla severità delle mie condizioni organiche… viene sminuito… messo pubblicamente in dubbio… o addirittura negato e irriso da personaggi che non posseggono la dignità di essere chiamati uomini. Quanto mi piacerebbe poter continuare a fare il mio mestiere… che era per me molto più che un lavoro e una passione… quanto vorrei poter tornare a volare… ad aiutare gli altri come mi avevano insegnato a fare… ma accade che la vita ci mette davanti altre strade quando quelle note non sono più percorribili… e a me la vita ha indicato un altro modo per potenziare e donare agli altri i miei talenti… un modo “diverso”… ma altrettanto efficace e dignitoso per continuare ad essere… nel mio piccolo… esempio e contemporaneamente: Sostegno! Eppure tali e tanti sono ogni giorno i tentativi di discriminazione… solo per essere “apparentemente diverso dai disabili”… tali e tanti gli atteggiamenti improntati all’esclusione… tali e tante le manovre… ambigue e mascherate… volte a tenere ben lontana dai riflettori la storia che la mia persona rende concretamente visibile… una storia italiana fatta di bugie e tradimenti… ma quello che più mi ferisce è la negazione della possibilià di continuare a spendere le mie… ormai sempre più fragili…energie in questo servizio agli altri… attraverso lo sport e la voglia di raccontarmi.. esclusivamente per non dimenticare chi non è più tra noi. Ma ringrazio Dio perché sono ancora vivo… nonostante tutto e tutti”
Si, perché Carlo, nonostante debba impiegare tutte le sue energie nella lotta alla sopravvivenza, riesce ad essere da esempio, un trascinatore ed a trasmettere forza e coraggio sia a coloro che hanno avuto l’onore e la fortuna di conoscerlo di persona, ma anche a quelle persone, che, proprio tramite la sua pagina Facebook, il sito internet, le interviste e gli interventi a manifestazioni nelle quali è chiamato a fare il padrino, sono riuscite comunque a sentire la sua umanità, la sua voglia di Vivere, la sua umiltà.
Carlo non ha paura! Carlo, con il tempo, con le sue battaglie e testimonianze, è diventato un personaggio scomodo, ma questo non lo ha fermato. Continua a combatte un sistema contro il quale solo pochi impavidi hanno il coraggio di mettersi e lo fa mostrando la propria faccia, ogni giorno; cosa fondamentale è che non lo fa solo per lui, ma si espone soprattutto per coloro che non hanno il coraggio, per paura di ritorsioni, per chi non c’è più e per chi, semplicemente, non ha più la forza di combattere. Era il 10 maggio 2010, quando inviò una lettera all’ora ministro della difesa Ignazio La Russa, per raccontargli la sua storia. E ad oggi? Bene, ad oggi nessuna risposta, solo tanta indifferenza, omertà, menefreghismo, e chi più ne ha più ne metta. Questi comportamenti non possono essere tollerati a maggior ragione se assunti nei confronti di un Servitore dello Stato, che sta letteralmente dando la propria Vita, per questo stesso Stato che riesce tanto spudoratamente a negare un’evidenza totalmente tangibile. Ma Carlo va oltre, non molla, irradia una forza speciale, supera ogni limite. Una storia da film da vedere più volte. Come quelle immagini che ti entrano in loop diventando parte di te.