Nella mattinata di oggi militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari hanno eseguito l’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bari, nei confronti di nove persone per i reati di associazione per delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, alla dichiarazione infedele e all’omessa dichiarazione ai fini delle imposte dirette e dell’ I.V.A., all’ occultamento e alla distruzione di documenti contabili nonché per i corrispondenti reati-fine ed il delitto di simulazione di reato.
L’ordinanza cautelare degli arresti domiciliari è stata eseguita nei confronti di C. G. e C. D., di C. C., di M. M. e C. A., di G. L., di D. G. V., di G. D. e di D. G. A., soci ed amministratori di aziende, nonché liberi professionisti.
Il profitto dell’attività illecita realizzato dalla consorteria è stimato in oltre 18 milioni di euro. È stato disposto il sequestro diretto di denaro ed, in caso di mancato rinvenimento del denaro presso le aziende, il sequestro c.d. per equivalente, con vincolo di solidarietà nei confronti delle indicate persone sottoposte ad indagine.
Le indagini, iniziate alla fine del 2015, si sono sviluppate mediante l’esecuzione di intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti, appostamenti, accertamenti di natura finanziaria e patrimoniale ed hanno consentito di disvelare l’operatività di un sodalizio criminale costituito da imprenditori professionisti locali che, avvalendosi di imprese “cartiere” riconducibili prestanome, hanno posto in essere un articolato sistema di false fatturazioni, per un ammontare complessivo di oltre 107 milioni di euro.
L’artificioso sistema di rendicontazione contabile ha consentito agli associati di ottenere illeciti vantaggi fiscali, consentendo loro di sottrarsi al pagamento delle imposte per una parte cospicua dei profitti derivanti dalle attività economiche effettivamente esercitate e di costituire riserve occulte (c.d. fondi neri), alcuni dei quali all’estero, originati dal denaro contante “di ritorno”, a fronte dei pagamenti delle false fatture ricevute.
La compagine aveva accumulato una ingente liquidità, attraverso un parallelo meccanismo di false fatturazioni, che prevedeva la restituzione al netto della provvigione (profitto) di spettanza degli associati e che veniva successivamente messa a disposizione di altri imprenditori, esterni al sodalizio, per esigenze in corso di approfondimento.
Oltre alle imprese “cartiere”, che disponevano esclusivamente di un conto corrente bancario su cui transitavano i predetti flussi finanziari, sono risultate coinvolte imprese esercenti attività del settore del commercio di prodotti per telefonia e nella produzione di manufatti in cemento, il cui ruolo era quello di ricevere le false fatture delle “cartiere” e dalla società di telefonia ed emettere analoghi documenti falsi nei confronti degli imprenditori che avevano la necessità di disporre del denaro contante.