(IL CIRCOLO VIZIOSO DELLA C.D. PREVENZIONE)
Le c.d. misure di prevenzione antimafia, i sequestri e confische dei beni e delle aziende degli indiziati e degli indiziabili di mafiosità, i provvedimenti interdittivi dei prefetti, hanno reso e rendono alla mafia un servizio prezioso (anche nel senso originario del termine), perché non è da escludere che un “prezzo” per lor signori ce l’abbia.
Più volte, anche quando ero deputato (risposta: “sì, ci dovremo pensare”) ho insistito sul dato incontestabile: la ricaduta di questo sistema e della intensificazione della sua applicazione sulla certezza del valore di proprietà ed aziende e, quindi, sul valore di garanzia di essi ai fini dell’erogazione del credito.
Lo stesso bene, la stessa azienda, con euguali valori nominali, che a Trento, a Novara, a Pistoia possono considerarsi garanzia sufficiente per un prestito bancario, poniamo, di 500 milioni di euro, a Palermo, a Licata, a Catania, a Trapani, non valgono a garantirne nemmeno uno di 5 milioni. Un cugino mafioso del titolare, un dipendente arrestato per mafia, un indizio qualsiasi che il titolare sia indiziabile per mafia, possono a Palermo, a Licata, a Catania, a Trapani, portare al sequestro dei beni e dell’azienda. Nel 90 per cento dei casi ciò significa il fallimento dell’azienda. Se al sequestro segue la confisca, nessuno riconoscimento è dato ai creditori (magari per ciò solo anch’essi “indiziati”). Le amministrazioni giudiziali della clientela del sistema Saguto-Ciotti etc. non pagano le tasse. E’ capitato che un imprenditore “indiziato”, sequestrato e, poi riconosciuto immune dall’indizio (ma pur sempre un ex indiziato di essere indiziato!) si è visto recapitare cartella esattoriale per 300 (trecento) milioni di euro di tasse non pagate da qualche bravo amministratore giudiziario!!!
In Sicilia, in Calabria, in altre zone del Sud, indiziate esse stesse di essere la patria di indiziati di mafia, di camorra, di ‘ndrangheta, il credito bancario è un favore, per sé stesso sospetto, a qualcuno che, magari, è costretto a pagare mazzette quale supplemento degli interessi. Un favore “concesso” con il contagocce. La linfa del credito è, in quelle zone, praticamente venuta meno. Questa la prima disastrosa “ricaduta” della demenzialità delle misure antimafia.
Ma c’è un’altra ricaduta.
Una ricaduta di quella ricaduta.
Imprenditori massacrati direttamente e indirettamente da questa antimafia demenziale, per evitare il fallimento delle loro aziende, magari già oggetto di sequestri ed interdittive, trovando chiusi i rubinetti del credito, diciamo così, normale, sono costretti a cercarlo altrove, magari per pagare le tasse in arretrato accumulate dalle amministrazioni dei figli di mammà dell’Antimafia demenziale. Ed il credito lo trovano.
C’è qualche mafioso, qualche canale che di là proviene che dispone di capitali ed ha mezzi per garantire il “rientro” quando li presta. Ad interessi usurari, naturalmente.
Così chi non è stato mai mafioso né “concorrente esterno” della mafia e che, magari, è stato reputato “indiziabile”, perché costretto a pagare il pizzo (che qualcuno vorrebbe considerare “concorso” nientemeno, nel reato di estorsione mafiosa!) diventa un satellite, un “dipendente” del sistema economico-criminale della mafia. E la mafia è così diventata e diventa ogni giorno di più capitalista, usuraia ed imprenditrice. Grazie all’Antimafia demenziale ed all’assurdità del suo accanimento contro le vittime della mafia.
Si tratta di considerazioni elementari che può farle anche uno che, come me, di economia ne mastica poco, ma non se la tiene in bocca. Economisti con i fiocchi tacciono. I partiti, di Destra, di Sinistra, di Centro si guardano bene dal “raccogliere” il grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva “non certo verso di loro, ma verso l’umanità, la ragione, la giustizia, invano invocandole.
Se nel corso della campagna elettorale per le elezioni regionali siciliane vi capitasse di trovare qualche candidato, qualche partito che osi, se non dire queste cose, almeno ascoltare chi le dice, fatemelo sapere. Gli manderemo un diploma ed una medaglia al valore per il “coraggio” (ed un po’ di intelligenza) dimostrati.
Mauro Mellini
05.10.2017
P.S. A quanti si domandano “che fare?” Rispondiamo: diffondete questo scritto, mandatelo ai candidati al Parlamento Regionale Siciliano, al Consiglio Regionale Calabrese, ai partiti, ai giornali on line”.