L’Osservatorio per la Giustizia va avanti benissimo: è già diventato un punto di riferimento per chi si occupa e preoccupa sul serio della degenerazione della giustizia e che sembra destinato, per la quantità di contatti e per la qualità delle analisi che attraverso di essi possono compiersi, più attendibile ed attivo di altre istituzioni che hanno lunga vita, mezzi enormemente più adeguati e attenzione mediatica meno sfuggente.
Quello che non va è quanto è “osservato”. La giustizia va sempre peggio e nuove forme di regressività di quel tanto di garanzie ancora non cancellate si manifestano e debbono essere denunziate.
Se il successo di questa iniziativa è da riconoscerci dovuto all’impegno, alla capacità ed alle intuizioni di Patrizio Rovelli, il pessimo andamento di quanto si ha modo di osservare è dovuto, come è ben noto non da ora, a cause molteplici.
Ma una, anch’essa certamente non nuova, una che proprio in questa fase appare più rilevante, grave e scandalosa, è la paura che la classe politica (se di classe politica si può ancora parlare) e la consorteria dei pennivendoli della stampa periodica mostrano nei confronti dell’evidenza del prevalere, in quella che dovrebbe essere l’applicazione delle leggi e l’osservanza delle relative garanzie, delle “esigenze” del Partito dei Magistrati, la mostruosità di questo “partito-istituzione” oramai sfrontatamente operante, con la strumentalizzazione ai fini di quel partito della “giustizia di lotta” che, già in sé, contiene tutti i germi di questa patologia della giustizia e del diritto.
Mi diceva ieri Rovelli, cui deve andare la nostra riconoscenza ed il nostro apprezzamento per la qualità e l’entità del suo impegno, che oramai la crisi delle garanzie processuali (che incombe su tutti i cittadini, compresi quelli che della giustizia sommaria e approssimativa, espressione di istinti rabbiosi e ciechi di rivalsa, sono i fautori fanatici), si manifesta in una crescente insofferenza per il ruolo, nei processi penali, ma certamente non solo in quelli, della Difesa e dei Difensori. Arroganza, intimidazioni d’ogni genere, violazione di norme specifiche processuali, intercettazioni, latenti ricatti, sono l’espressione e la prova di tale insofferenza, che, poi ha certamente una ricaduta nella mancanza di un’adeguata considerazione di ogni argomento e di ogni istanza che nel processo deve essere spiegato dai Difensori e, comunque, in favore dell’imputato.
Purtroppo tutto ciò non è né casuale né passeggera questione di stile. E’ la conseguenza logica di una “giustizia di lotta”. Se ci sono giudici che vengono, con intenti apologetici, definiti “antimafia” e così pure degli “avvocati antimafia” (per non parlare di quelli dei cosiddetti “collaboratori di giustizia”, pagati da Pantalone profumatamente!), se, in partenza, nel processo c’è “la parte dei buoni”, è ben difficile che, oltre a porre immediatamente l’imputato nel novero dei “cattivi” subito presunti colpevoli, non si estenda anche al difensore analoga qualificazione. Al Difensore ed alla Difesa.
E, mentre il Partito dei Magistrati sta sempre più evidentemente e pericolosamente scivolando verso l’estremismo sostanzialmente eversivo, la cosiddetta classe politica, di fronte a tutto ciò, non fa che diventare ancora più impaurita, sperando solo di potersi mimetizzare e di salvare pelle e bottino.
Il discorso sarebbe (e sarà) lungo e complesso. Malgrado tutto, malgrado le prove di questa prudente “distrazione” di fronte a certi incombenti fenomeni, vogliamo invitare quegli uomini politici che ritengono di essersi salvati l’animo e la reputazione, partecipando, magari a ridicole marce per l’amnistia e per lo Stato di diritto ed a congressi tra le mura ospitali ed aperte di qualche carcere, ad occuparsi di cose serie. Di questi fenomeni.
L’Osservatorio per la Giustizia, che non è un organismo politico nel senso corrente, è a disposizione della politica. Di quella capace ancora di tenere gli occhi aperti e di sentire vergogna nel voltarsi da un’altra parte.
Mauro Mellini