Mi è accaduto più volte di riflettere, scrivendo di tale mia riflessione, che oramai quello dei magistrati è così evidentemente e pienamente un partito da risentire della crisi in cui il sistema dei partiti versa nel nostro Paese, che ne ha visto, una quasi scomparsa. Insomma il Partito dei Magistrati è, in qualche modo, vittima della campagna distruttiva di cui è stato protagonista e, al contempo della impossibilità di porvi rimedio, di procedere ad un nuovo assetto e rappresentanza delle Correnti e degli interessi politici del Paese.
Impossibilità anch’essa condizionata dalla “giurisdizionalizzazione” della struttura della cosa pubblica e dalle brutalità del ruolo in essa svolto dalla magistratura.
E, come oramai si addice a tutti i partiti, quelli che ci sono e quelli che fanno finta di esserci, il Partito dei Magistrati è travagliato da una profonda frattura al suo interno. Una frattura che, o per errore o per calcolo, si tende, anche tra i pochissimi che si pongono tale problema, a far passare per il confine tra una magistratura “deviata” e partigiana ed una magistratura magari fortemente corporativa ma non ancora contaminata dalla degenerazione in partito.
Non è così. Il Partito dei Magistrati è tale e tale deve essere definito perché esprime la tendenza della magistratura nel suo complesso, anche se, naturalmente, ci sono magistrati che non si sono adattati a tale ruolo, ma, proprio perché vanno a cercare di fare solo il loro dovere ed esercitare la loro funzione, non tentano neppure di costituire un contraltare all’istituzione-partito oramai venuto in essere ed operante.
Il solco profondo, solo in parte coperto dall’esigenza prevalente di far apparire la deformazione politica del sistema giudiziario come l’eccezione alla “normalità” soggettiva della categoria, è tra il partito che mira a costituirsi in contropotere delle istituzioni costituzionali, del Parlamento, del Governo, a stabilire un “modus operandi” anche se prevaricatorio e la fazione apertamente eversiva, rappresenta essenzialmente (ma non esclusivamente) dalla “scheggia impazzita” siciliana (Palermitana) e Calabrese, dagli estremisti di una oramai ridicola Antimafia che, a forza di predicare la mafiosità delle istituzioni è divenuta antistato: Una strana congerie di anarcoforcaioli, cultori della teorizzazione di una sorta di “occultismo” che costruiscono come scenario del bersaglio della loro missione salvifica. Il “moderatismo” residuo della maggioranza del Partito dei Magistrati, paradossalmente impone ad essa di fornire una copertura anche a questa “devianza” estremista, per non rilevare, con la denunzia del contrasto, il carattere politico della “istituzione-partito” rappresentata ormai dalla magistratura.
Inoltre è da questa “scheggia impazzita” che prevalentemente vengono alla ribalta dalla politica istituzionale magistrati che non resistono alla tentazione di “scendere in politica”, cosa che più correttamente dovrebbe definirsi un loro mutamento di binario politico.
Intanto la fazione estremista antimafia ultras continua ad agitare avanti al Paese i fantasmi della “massoneria deviata”, dei “Servizi Segreti deviati”, nella pretesa, tra l’altro, di ipotecare la storia della Repubblica introducendovi questi balordi concetti (non dimentichiamo, ad esempio, che “Massoneria deviata” fu una invenzione di Mussolini che si mise a dar lezione di ortodossia massonica nel momento in cui varava la legge contro la Massoneria, in anteprima sulle altre soppressioni di ogni organizzazione politica non fascista).
Il cosiddetto “mondo politico” tace e mostra di non vedere il Partito dei Magistrati, cercando però di assecondarne il dettato impartito tramite A.N.M. nell’illusione di salvarsi la pelle.
C’è un’allarmante, tragico ripetersi di situazioni degli anni 1921-1925 che invano io cerco di levarmi da avanti agli occhi. Speriamo, sperate che sia una forma di fobia senile.
Ma sarebbe meglio per tutti non ignorare quanto di allarmante c’è nella situazione del nostro Paese. E reagire. Da uomini liberi.
Mauro Mellini