Ora basta con il P.D., le sue magagne, gli sgambetti tra i suoi esponenti, la scissione, la scissione degli scissionisti, il Governo Gentiloni.
Hanno perso. Tutti, compresi quelli che hanno cercato di sfilarsi dall’”operazione plebiscito” quando è risultato che le cose si mettevano male.
Perché nessuna voce s’era levata nel P.D. contro le cavolatine “neocostituzionali” di Maria Etrusca Boschi, e tanto meno contro il referendum frettolosamente voluto e richiesto da Renzi per farsi incoronare “dictator perpetuus”?
Hanno perso. E’ vero che non ci sono, di contro, personaggi, partiti, che possano considerarsi, invece, i vincitori. E’ vero anche però, che c’è una “zona grigia” di “non perdenti”, da potersi considerare tali perché, alla fine, incrociando le dita ed a mezza voce, il NO lo hanno detto. Ed è vero che la vittoria è stata della gente, delle masse popolari, non di partiti, leader, opinionisti, che li abbiano guidati alla vittoria.
Ma non per questo non c’è stata una vittoria del NO! E se, inoltre, il tentativo di imporci un impudente “non è successo niente” è fallito e, bene o male, Renzi ha dovuto, sia pure a rate, ammettere la sconfitta, se il “partito della Nazione” è svanito, lasciando la realtà di un partito della scissione, qualcosa dovrà pure avvenire nel campo opposto a quello del P.D. Tutti i giornaloni ed i giornalini, i padroni della TV, i datori di lavoro degli intellettuali etc. etc. non potranno dirci che non c’è l’Italia del NO e che anche in quel tanto di residuato di partiti, tra i tanti esecrati uomini politici c’è chi si è battuto per il NO, ed ha parlato chiaro, ha visto giusto.
Non dico questo per incensare nessuno.
Ora è mai possibile che, dopo che il renzismo, la pretesa di imporre con un plebiscito fasullo un “partito della Nazione”, erede di tutto il ciarpame retorico della Sinistra ma con la pretesa di rappresentare e sostituire la Destra (cosa che in sé ricorda troppi aspetti dell’origine del fascismo) nel Centrodestra, è stato sonoramente battuto, non emergano che gli asti, le insofferenze e, soprattutto che altra prospettiva non offrano i pezzi di Centrodestra che non siano quelle di un antieuropeismo generico e approssimativo, incapace, del resto, persino di ipotizzare un assetto economico e politico del nostro Paese al di fuori dell’Europa?
Sta venendo di moda, come una “scelta facile”, non un antieuropeismo cosciente delle prospettive cui va incontro, ma un’”europeismo dei malumori”, che è, poi, il modo migliore per collocarsi in coda nella realtà europea.
Possibile che un movimento di liberazione dai mille laccioli, dal peso di enti, autorità, procedimenti inconcludenti ed inutili che la Sinistra e la mentalità statalista da essa alimentata ci hanno lasciato, tardi ad emergere, che un ritorno alla ragione ed alla sua semplicità, non debba farsi sentire proprio perché il grande progresso scientifico e tecnologico ci impone altre complicazioni, tuttavia ragionevoli nella vita della nostra società, e che ciò non debba diventare una aspirazione politica tale da caratterizzare un nuovo liberalismo, una nuova grande forza politica?
Pensiamo all’origine politica di Renzi e del renzismo: il cattocomunismo senza fede e senza marxismo. Se vogliamo perder tempo ad occuparsi del P.D. e, magari delle sue scissioni, valiamocene per capire che esso rappresenta la sedimentazione melmosa di un mondo che avrebbe voluto farci dimenticare quello che Croce chiamava “la religione della Libertà”. Il meglio della nostra storia e l’aria da respirare per il nostro avvenire. Il contrario del renzismo è, in sé, un buon programma politico.
Mauro Mellini