“I ricchi non sono mai generosi. Se fossero generosi non sarebbero ricchi,”, avrebbe mugugnato Paperon de Paperoni, non il ricco Vescovo romano ma il famoso personaggio dei fumetti Disney, nel leggere il rapporto Oxfam.
I giornali giustamente riportano sempre con molto risalto gli studi che prendono in esame la suddivisione della ricchezza e del reddito a livello nazionale ed internazionale. Ora è la volta del Rapporto 2016 di Oxfam, dal titolo “Un’economia per il 99%” che ci racconta di otto super Paperoni che hanno la stessa ricchezza di metà dell’umanità: otto persone, otto gruppi economici e finanziari che possiedono la stessa ricchezza di oltre 3,6 miliardi di persone. Numeri e rapporti che fanno un certo effetto in questo mondo nel quale i più fortunati vivono sotto l’ombrello del dio mercato e del miraggio della globalizzazione e i più in statto di povertà.
Come fa effetto sapere che i sette più ricchi in Italia posseggono la stessa ricchezza del 30% dei più poveri, che il 20% più ricco ha in tasca il 69,05% della ricchezza e che la ricchezza dell’1% più ricco è 70 volte la ricchezza del 30% più povero. Ma è ancor più interessante sapere che i dieci più ricchi in Italia nel 2007, cioè prima dell’inizio della crisi, possedevano da soli 61 miliardi di dollari che sono diventati 92,4 nel 2016, con un incremento del 51%.
Mentre la gente si impoveriva, non riusciva ad arrivare a fine mese, perdeva il lavoro e la casa,i Paperoni nostrani ingrassavano fregandosene della crisi, anzi utilizzando la crisi. Ma sin qui parliamo di ricchezza, cioè di quanto “accumulato”. Ma anche sul reddito, cioè su quanto si guadagna, le disuguaglianze aumentano in modo impressionante. Degli incrementi retributivi circa il 45%, è arrivato solo al 20% più ricco degli italiani e solo il 10% dei più ricchi ha visto salire la propria retribuzione in modo significativo. La cosa più sconvolgente è che però la maggioranza della gente, pur lamentandosi, non riesce a comprendere che questi non sono gli effetti del caso o i danni collaterali di un evento “positivo” come la globalizzazione o la liberalizzazione dei mercati. E’ il capitalismo che si adatta, si trasforma e continua ad assicurare proventi ed utili a pochi soggetti a prescindere dalle variazioni delle condizioni esterne. Indignarsi non basta più, non è sufficiente lamentarsi e gridare allo scandalo e non serve neanche pensare che si aggiusterebbe tutto combattendo corruzione e disonestà. Le disuguaglianze sociali sono insite nel capitalismo e soltanto rimettendo strutturalmente in discussione il sistema si combattono le ingiustizie: altre strade non esistono! Mi ritorna in mente una frase di Ettore Petrolini, attore e drammaturgo: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri, hanno poco, ma sono in tanti”.
Aldo Mucci