Domani il quotidiano “Il Tempo” pubblicherà l’articolo di Mauro Mellini sul progetto di legge speciale di lotta alla criminalità della Commissione istituita da Renzi e presieduta dal P.M. oltranzista ed antigarantista, Gratteri. Un progetto che sta nel cassetto di Renzi dalla fine del 2013.
Oramai il tentativo di Gratteri di far “emergere” il “suo” progetto di quella che ha definito la “rivoluzione giudiziaria” è rinviato a dopo il referendum. Se dovesse vincere il SI, ché, altrimenti, esso sarebbe affossato, come è augurabile, con il resto del disegno autoritario di Renzi, di cui sarebbe uno dei pilastri essenziali.
Nei giorni scorsi, ne ha dato atto anche “Il Corriere della Sera” del 15 novembre, c’era stato un braccio di ferro all’interno del Governo tra Orlando, deciso a sfoderare le “riforme” della giustizia (probabilmente incapace di rendersi conto della gravità forcaiola ed eversiva dell’elaborato della Commissione Gratteri), e la Boschi, preoccupata dell’effetto, negativo per la sua parte, del referendum, se la questione della “renzificazione” della giustizia si fosse manifestata prima del voto, ad aggiungersi a quella della scuola e, naturalmente, della Costituzione.
Ma quel progetto è una minaccia “incombente” nel nostro Paese in caso disgraziato di vittoria del SI.
Nell’articolo su “Il Tempo” di Mauro Mellini è evidenziato il carattere antigarantista della deprecabile riforma che, ancora una volta con il pretesto e con un’insana mistificazione della sua limitazione alla “giustizia antimafia”, mentre aggrava tutte le norme in vigore cancellando e riducendo le garanzie del processo penale (la riforma della “cancellazione degli aggettivi”: indizi non più “gravi” etc. per le intercettazioni…) introduce alcune modifiche della già pesante legislazione antimafia che consentirebbero di tenere sotto la minaccia di alcuni P.M. e di un gran numero di pentiti, (magari modello Ciancimino Junior), tutta la classe politica italiana. La modifica dell’art. 416 ter del codice penale, dilata il reato (già dai contorni labili) di “voto di scambio” facendolo consistere non più nell’accordo tra un candidato (o un partito) e un’organizzazione mafiosa che offra di raccogliere voti valendosi dei metodi di pubblica intimidazione, ma nel solo fatto di accettare l’offerta di voti da un “appartenente” ad un’associazione mafiosa, magari i voti dei suoi famigliari.
Con questo criterio solo un candidato che si astenga completamente dal far campagna elettorale ed addirittura dal ricevere la posta (perché, se no, potrebbe esservi una “accettazione tacita” di una profferta di un tizio che poi si scopra essere mafioso!!) sarebbe al sicuro da dei P.M. del tipo, diciamo così, del nostro Gratteri.
E c’è dell’altro ancora!
Questo progetto segna un passo ulteriore e definitivo verso un sistema politico in cui alla sovranità popolare si sostituirebbe il potere di una casta, di una sorta di confraternita di esercenti la giurisdizione, casta che diventerebbe arbitro della Repubblica, oramai non più a regime parlamentare nè più decentemente definibile come democratico.
Dipenderà dal voto del prossimo 4 dicembre se questi osceni propositi potranno essere neutralizzati.
Un motivo essenziale per votare NO.
Mauro Mellini