E’ morto l’imprenditore Caprotti, che importò in Italia il sistema dei supermercati. Al solito con la morte arriva il coro dei rimpianti e degli elogi. E delle amnesie.
Caprotti, si ribellò al sistema di concussione con il quale fu precluso l’accesso alla sua catena di supermercati, l’Esselunga, nelle regioni governate dal P.C.I. e dalla Sinistra. La sua “lotta contro le COOP” fu in realtà lotta contro il P.C.I. e sue derivazioni ed alleanze che gli negò le autorizzazioni, costringendolo, ad esempio, a Firenze a svendere l’area già acquistata per l’Esselunga, che subito fu fatta avere alle COOP. Questa si chiama concussione. Caprotti la denunziò con un libro “Falce e carrello”, sottolineando un particolare: “nelle regioni in cui i Comunisti (e loro eredi e sodali) erano riusciti ad imporre il quasi monopolio delle COOP, i costi medi delle derrate erano superiori del 12% a quelle libere da quella schiavitù.
Fu querelato, condannato (credo) e, soprattutto, ignorato (c’era da fare una battaglia politica fondamentale su queste sue rivelazioni) e fatto passare per un bizzoso, prepotente aspirante al monopolio della grande distribuzione.
Il sistema delittuoso da lui denunciato, ma di quelli ignorati da “Mani Pulite” e praticamente “ammessi” a fondamento e prodotto della politica spartitoria e consociativa D.C.-P.C.I. è sopravvissuto alla fine del P.C.I.
Il post comunismo, nella forma che in Italia è riuscita ad imporsi, con l’esclusione di una contrapposizione democratica tra una Destra popolare ed un Partito Socialista, quale esiste in tutta Europa, è fatto anche di questa storia. E, magari, della falsificazione del rimpianto per Caprotti.
Mauro Mellini