Non sono un profeta né vorrei nemmeno per riderci su, farmi passare per tale. Se vedo un futuro che altri non vedono mi preoccupo, non tanto perché ciò potrebbe significare che io abbia le traveggole, ma perché potrebbero averle gli altri, il che è, debbo ammetterlo, assai più pericoloso.
Mi è accaduto, a seguito di una osservazione del mio amico Andrea Granata, che tanto mi giova con una sua assidua e paziente collaborazione al mio lavoro, di andarmi a rileggere l’ultimo capitolo del mio libro “Gli Arrabbiati d’Italia – Storia di una democrazia dei malumori”.
So bene, per quanto è accaduto sotto i miei occhi ed ho potuto osservare da vicino, che per passare per profeti e, magari, acuti pensatori, per conquistare ed ampliare quello che, magari a vanvera, si definisce il “carisma”, è bene non scrivere, non pubblicare il frutto dei propri pensieri. Poiché, invece, specie in vecchiaia, io molto, troppo scrivo, credo che ciò basti ad escludere che mi voglia gabellare per profeta.
In quel capitolo finale del mio libro, in cui il motivo prevalente è quello che la vera espressione, il vero successo dell’”Antipolitica”, fenomeno complesso per significato e variegato nelle espressioni e nelle possibilità di incidere e svilupparsi e, più che il successo, il “pericolo” che si è soliti riconnettervi, è rappresentato dalla pretesa di quanti, anziché cercare di elevare il tono e la qualità della politica, si affannano a cercar di “tagliare l’erba sotto i piedi” a Grillo ed ai suoi. Non c’era ancora il Governo Renzi.
Si legge a pagina 213: “La cosiddetta Antipolitica, alimentata da anni di colpevoli inerzie davanti allo scadimento delle istituzioni, dallo scadimento della classe politica…..avvelena oggi la vita del Paese, specie perché sta diventando con i suoi… più insulsi luoghi comuni, parte essenziale del “modus operandi” anche di quelle forze che pretendono di combattere…il Movimento 5 Stelle e, magari, l’estensionismo…facendo una grottesca concorrenza al…comico Genovese… Lo si vedrà, purtroppo, quando si darà mano alle riforme costituzionali, così pressantemente e, forse, incautamente sollecitate da Napolitano.”.
Niente, lo ripeto, di profetico. Questo scritto, semmai, ne è la riprova. La dimostrazione, come diceva Manzoni che l’errore “poteva essere visto”.
La cosiddetta riforma Boschi-Renzi è, appunto espressione e concentrato della peggiore “antipolitica” che del resto, è stata la molla, lo spirito essenziale per questa impresa dai frutti così sciagurata.
Renzi, qualifica quel suo pasticcio una “novità”, una “rottamazione” del vecchio, così come si vanta di aver “rottamato” la classe dirigente del suo partito. Cambiare, rottamare, liberarsi di tutto quanto appaia “vecchio”, magari perché consolidato dalla tradizione e dall’esperienza, è tipico atteggiamento di una “antipolitica” che reagisce e si orienta per rabbia e frustrazione piuttosto che per una razionale e ragionevole visione del “nuovo”.
Semmai in Renzi alla rabbia, all’indignazione, che sono fenomeni in sé anche positivi di fronte a situazioni inaccettabili, si sostituisce la furbizia e l’intento di gabbare gli arrabbiati e di “tagliar l’erba sotto i piedi” a chi intende rappresentarli e farsene portavoce.
Una particolare e particolarmente sciocca e grottesca espressione di questa ricerca di motivazioni antipolitiche è la spiegazione del superpasticcio nel pasticcio della riforma: “la “rottamazione” del Senato e l’indecifrabile “Senaticchio” che dovrebbe sostituirlo.
Barando sulla pretesa semplificazione (che è invece complicazione portatrice di un contenzioso mastodontico) della funzione legislativa, Renzi-Boschi hanno concepito una specie di club per sindaci e consiglieri regionali in perpetua trasferta con la brillante motivazione: “così si risparmia, perché sono già pagati da Comuni e Regioni”. Oltre che falsa e grottesca, è questa una “spiegazione” tipicamente “antipolitica”, tesa a sfruttare ostilità ed invidia della gente per il “costo” dei “politici” ed i loro “guadagni” ingiustificati. Che una riforma costituzionale debba perseguire questo fine è quanto basta a confermare questo meschino e truffaldino intendimento dei pretesi riformatori.
Ma tipicamente “antipolitica” nel senso peggiore della parola (che include ostilità e sprezzo per il diritto, la sua architettura ed i suoi principi) è l’orribile confusione che si fa mischiando con norme costituzionali addirittura disposizioni regolamentari.
Ha ragione quindi Andrea Granata quando mi ricorda che questa è la riforma costituzionale dei livori dell’antipolitica. C’è da aggiungere forse: “dei peggiori”, perché sono livori non concepiti per rabbia ed indignazione autentiche.
Il peggio del peggio. Ad essa dire NO è persino troppo poco.
Mauro Mellini