L’indomani della notizia del disastro aereo che ha coinvolto il velivolo di EgyptAir e le 66 persone a bordo, il giorno stesso in cui la tesi dell’attentato sta prendendo piede sulle altre, il terrorista islamico Salah Abdeslam rivendica il “diritto al silenzio”. L’unico membro ancora in vita del commando che ha seminato morte il 13 novembre scorso a Parigi, arrestato il 18 marzo a Bruxelles e recentemente estradato in Francia ha rifiutato oggi di rispondere alle domande del giudice francese. Ha anche rifiutato di confermare le dichiarazioni fatte alla polizia ed alla giustizia belga. La prima giornata di audizione di Abdeslam da parte del giudice istruttore è stata brevissima.
Non ha mantenuto le promesse fatte e sulle quali si poteva anche emettere qualche dubbio in considerazione dell’individuo. Diceva di volersi esprimere… L’avvocato delle parti civili, Olivier Morice, ha dichiarato “Si tratta di un atteggiamento scandaloso. Sia Salah Abdeslam sia i suoi consulenti continuano ad esercitare una forma di manipolazione dell’opinione pubblica”. Ha ragione, ma l’opinione pubblica si lascerà davvero manipolare o, come i famigliari delle vittime di quella tragica serata, avrà bisogno di sapere?
Maître Berton che dà il cambio al collega belga Sven Mary ha dal canto suo fatto il proprio lavoro d’avvocato spiegando: “Si sente spiato 24 ore su 24, non si sente in buone condizioni”. A tal proposito farà appello al Ministro della Giustizia.
Questo prevedibile annuncio risulta oggi ancora più osceno e fa macchia tra le notizie che riguardano l’aereo precipitato. Non solo è terribilmente fastidioso ma fa sorgere una domanda: quanto dobbiamo cedere al buonismo? I diritti umani sono un principio fondamentale ed intoccabile. I diritti umani sono troppo spesso calpestati, ogni minuto, nel mondo intero. Firmiamo petizioni, manifestiamo, esterniamo la nostra indignazione e voglio sperare che ciò avvenga in tutta sincerità.
Il fastidio dell’unica dichiarazione di Abdeslam mi ha fatto sorgere un dubbio. A dire il vero è la seconda volta che mi succede: un mese fa la giustizia norvegese ha dato ragione al neo-nazista, mai pentitosi, Anders Behring Breivik, che nel 2011 massacrò 77 persone perché labouristi. Quella che resterà alla storia come la strage di Oslo e dell’isola di Utoya, dove, travestito da poliziotto aveva preso in trappola circa 600 ragazzi uccidendo con una pallottola in testa la maggior parte delle sue vittime. E su cosa avrebbe ragione oggi il chierichetto Breivik? Sta subendo un trattamento “disumano”. Il poverino è in isolamento da 5 anni e gli viene impedito di comunicare con l’esterno. Il giudice Helen Andenaes Sekulic ha condannato lo Stato norvegese perché le condizioni di Breivik vanno contro la Convenzione europea dei diritti umani ma ha mantenuto il divieto di comunicare con l’esterno e con i suoi simpatizzanti affinché non faccia nuovi adepti. Meno male! Comunque lo Stato norvegese ha fatto appello. Vogliamo dire che Brievik, condannato a soli 21 anni, sconta la pena in un appartamentino di circa 24 mq con una camera, uno studio ed una piccola palestra? Va bene, il computer non è collegato ad Internet però può scrivere. Magari ci farà anche il “favore” di scrivere la sua autobiografia… sicuramente le nostre librerie ne sentono il bisogno.
Brievik non ha bisogno di emuli. Non è il caso che anche Salah Abdeslam si appelli ai diritti civili. Se è in isolamento e sotto video-sorveglianza è per evitare che, ad esempio, si suicidi colto da un improvviso desiderio di martirio. In questo caso cosa verrebbe detto alle famiglie delle vittime? Che l’unico “testimone” è passato a miglior vita? Come le 130 vittime del suo commando, senza parla degli oltre 300 feriti del triplice attacco?
Qualcuno si rende conto che il buonismo a tutti i costi può anche generare una reazione eccessiva nell’altro senso e che non è il momento di nutrire gli estremismi populisti?
Non resterebbe che chiudere il microfono a Salah Abdeslam e togliergli il giochino mediatico finché non comincerà a collaborare. In fondo è in isolamento e sorvegliato soltanto da due mesi. Ridategli visibilità solo se parla. Non c’è bisogno di riaprire Guantanamo per questo.
Luisa Pace