Quando eravamo “bombardati” da pressoché quotidiane notizie di un attentato a Nino Di Matteo, Procuratore a Palermo, un attentato che puzzava lontano un miglio di essere, come poi credo sia oramai dimostrato, un bidone (e l’unica “traccia” trovata fu, appunto un bidone vuoto che doveva aver contenuto l’esplosivo), senza essere profeti né specialisti di bombe, attentati veri ed attentati fasulli, abbiamo scritto che questo insistente parlare a vanvera di attentati a magistrati con quintali di esplosivo (magari pagati ad un prezzo dieci volte quello di mercato), divenuto oramai materia per “l’esame di ammissione” di pentiti ad un “livello superiore”, si sarebbe finiti per alimentare la fantasia di qualche pazzo o, di qualche criminale bisognoso di “adeguarsi” ad una moda del crimine artificialmente creata, sia pure con baggianate evidenti.
Ora non vogliamo sostenere che la responsabilità dell’attentato, questa volta con tutte le apparenze dell’autenticità in danno di un magistrato della Procura di Napoli sia degli organizzatori del poco serio battage di marca pubblicitaria in danno (si fa per dire) di Di Matteo.
I criminali, mafiosi o camorristi, hanno, purtroppo, esempi di attentati dinamitardi veri e consumati realmente cui ispirarsi.
Ma l’attentato fasullo a Di Matteo, con quintali di esplosivo “arrivato” a Palermo ma scomparso, acquistato con una colletta tra i capi dei “mandamenti” mafiosi, commissionato da Totò Riina che ne avrebbe parlato in presenza di agenti di custodia, poi non più di Riina ma da Messina Denaro etc. etc. (gli eccetera riguardano altre baggianate) ha tenuto occupata la stampa per mesi ed anni, è stato oggetto di appelli al Presidente della Repubblica, di diecine di manifestazioni a Palermo, di un comizio a Roma.
Se è vero, come i mafiologhi affermano, che la mafia ha una strategia fondata anche su attente considerazioni delle emozioni della gente comune, per assecondarle, ampliarle o soffocarle, si deve arrivare alla conclusione che quell’attentato vero, o, almeno, assai verosimile in preparazione tra Bari e Napoli, almeno un pochetto poteva considerarsi frutto di una “strategia della tensione”, di una artificiosa moda “bombarola” creata dall’esterno delle organizzazioni criminali.
Non siamo di certo intenzionati a riesumare il reato di “notizie false e tendenziose oltre a turbare l’ordine pubblico” per appiopparlo ai fanatici più o meno esoterici frequentatori degli extraterrestri di Di Matteo. Diciamo che è questione di serietà e di buon gusto. Ma questo insistere frenetico, che rasenta l’invocazione al compimento del crimine, per un grottesco affare propagandistico è sicuramente cosa che ha in sé pericoli reali.
Se sbagliamo tanto meglio. Intanto ci congratuliamo con chi, a Bari, l’esplosivo lo ha trovato sul serio.
Mauro Mellini