Non capita tutti i giorni che un P.M., anzi, il Procuratore Capo in persona, chieda l’assoluzione dell’imputato. Quasi mai se l’imputato è indiscutibilmente “fastidioso”, tale anche per la denominazione di lui comunemente adottata. Non credo, poi, che sia mai successo, che il P.M. abbia egli stesso pronunziato l’assoluzione. E mica nel chiuso del suo studio, ma in pubblica udienza, anzi, scusate, in pubblica conferenza stampa. Ipotizzare ciò, poi in una situazione di autentica pubblica sciagura è addirittura pazzesco. Sciagura pubblica significa responsabile (uno, purchessia) condannato. Ne sanno qualcosa i sismologhi responsabili del terremoto dell’Aquila.
L’assoluzione “perché il fatto non sussiste” per difetto di nesso da causalità tra l’esistenza-azione dell’imputato e la sciagura degli ulivi pugliesi che vanno in malora è stata invece decretata dal Procuratore Capo Cataldo La Motta in una plaudente conferenza stampa a Lecce. Solo che l’imputato non era un essere umano. Xyella, anzi “Xilella fastidiosa” è infatti la denominazione di un batterio che, a giudizio dei naturalisti di mezzo mondo e di quelli dell’Unione Europea, provoca l’essiccazione rapida delle piante di ulivo in atto nel Salento.
Una direttiva dell’Unione Europea prevede provvedimenti d’eccezione per impedire il dilagare del flagello di questa malattia, tale da mettere a rischio un importantissimo settore della produzione agroalimentare di tutto il Continente. Un decreto del Ministro delle Politiche Agricole (un idiota referendum pseudoregionalista ha, si fa per dire, soppresso il “Ministero dell’Agricoltura e Foreste e si è “rimediato” dandogli questa nuova e sbilenca denominazione) ha disposto l’abbattimento e sradicamento degli alberi colpiti dall’infezione e la creazione di una “fascia di quarantena” per interrompere la propagazione della malattia nella Penisola Salentina.
E’ comprensibile l’agitazione degli ulivicoltori e di tutta la popolazione delle zone interessate.
Che il provvedimento ministeriale fosse il meglio da farsi non lo giurerei, vista la qualità dei nostri governanti e visto il modus operandi dei funzionari, che, oramai, si preoccupano anzitutto di non incorrere nella “persecuzione del responsabile che ci deve essere” di qualsiasi sciagura (vedi processo per la mancata divinazione del terremoto). Ma non è facile, come si suol dire (cioè come si dice per non dire quello che un po’ volgarmente è uso dire) “pararsi le terga” perché talvolta invece del responsabile dell’”omissione” del non aver impedito il terremoto o l’epidemia, si persegue quello o quelli che hanno previsto (e cercato di scongiurare) il disastro, se le misure adottate, come nel caso, sono impopolari e, magari, risultano oggettivamente “eccessive”.
La magistratura ordinaria, le Procure, la giustizia (si fa per dire) penale, dopo che il Partito dei Magistrati ha proclamato l’assunzione del compito di “un controllo generale di legittimità”, abolendo la condizione della esistenza di una “notizia di reato” per dar luogo ad inchieste ed indagini dirette oggi, così, proprio alla ricerca di notizie di reato da nessuno rilevate, è passata ad esercitare sugli atti della Pubblica Amministrazione un controllo non solo di legittimità, ma anche di merito. Il Sig. Procuratore contesta al Ministro di avere “sbagliato”. E lo “sbaglio” rischia di divenire, per il solo fatto di essere (o apparire) tale, un “abuso” d’ufficio.
La conseguenza non è solo lo stravolgimento del sistema della divisione dei poteri.
C’è un inquinamento giudiziario di ogni attività. La medicina diventa “medicina difensiva”. Al primo precetto della Scuola Salernitana “primum non nocere” si aggiunge (in idioma e sistema italico) “a se stesso”. Prima di tutto difendersi da eventuali addebiti, giusti o sbagliati che siano. Ma non è solo nel sistema sanitario che la “paura di qualche mattana di un P.M.” stravolge sistemi di cura e di organizzazione sanitaria. Lo stesso avviene in ogni settore. Ed in mezzo a molti galantuomini e bravi tecnici troppo impegnati a “pararsi le terga”, prosperano asini e manigoldi ed il cittadino, su cui si ripercuote tutto questo sconvolgimento delle regole, finisce per preferire le “scorciatoie” della corruzione, con le quali, anzitutto, districarsi dagli impacci di un amministrazione tremebonda e da quelli delle pezze colorate ad essa appiccicate per rimediare.
Tornando al punto di partenza: ma allora questa Xylella, oltre che fastidiosa è colpevole o no? Vorremmo dire “speriamo di no”. Speriamo che il pericolo per l’agricoltura pugliese (e non solo) non ci sia.
Anche se, ovviamente, non è con l’assoluzione da parte della magistratura che si debella il fastidioso batterio ed anche se la “cura” giudiziaria è, a ben vedere più pericolosa e disastrosa della stessa epidemia.
Mauro Mellini