Quasi un santo, per i tanti opinionisti da social network che vedono nel presidente russo l’unico governante che ha avviato un’azione di vero contrasto allo Stato Islamico.
Immediate le accuse agli USA per non essere intervenuti finora, dimenticando come la Cina e la Russia si opposero a un intervento militare in Siria,avvalendosi del diritto di veto loro spettante nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu e come non più tardi dello scorso anno lo stesso veto fu posto da Putin ad un intervento militare americano.
Ieri, Obama era il guerrafondaio, oggi Putin è il Santo. “Va bene, pazienza, il popolo ha la memoria corta, ma l’importante è che qualcuno si decida ad intervenire” – questo il mio primo pensiero dinanzi le notizie di un opzione militare russa, al quale, però, segue subito una domanda: “Cosa faranno i russi e perché non hanno voluto un’azione militare congiunta con altre forze occidentali?”
La risposta non tarda ad arrivare.
Raid russi
Il 29 settembre la Russia lancia il primo attacco aereo in Siria, a nord della città di Homs, in un’area notoriamente sotto il controllo dell’esercito libero siriano (FSA), formazione ribelle al presidente siriano Assad, ma, allo stesso tempo, acerrimi nemici dello Stato Islamico.
Un errore? La Russia inizialmente nega, affermando di avere colpito obiettivi dell’ISIS. Di diverso avviso il segretario della Difesa americano Ash Carter, il quale ribadisce che i raid aerei russi hanno bombardato posizioni dove la presenza dell’ISIS è inesistente.
Nel frattempo, i jihadisti dell’ISIS, nemici dell’esercito libero siriano, esultano e si chiedono se Putin non stia facendo loro un favore.
A confermare come la Russia abbia voluto deliberatamente bombardare i nemici di Assad, nonché i nemici dell’ISIS, è il Ministro degli Affari Esteri russo Lavrov, il quale dichiara alla stampa che chi
“agisce, cammina e combatte come un terrorista, è un terrorista”. A seguito delle proteste, segue una seconda dichiarazione di Lavrov, secondo la quale “l’esercito libero siriano non è un gruppo terroristico, dovrebbe essere parte dei colloqui siriani”. Ma, intanto, i bombardamenti contro postazioni dell’esercito libero siriano continuano, indebolendo sul terreno il fronte anti-ISIS.
Del resto, quali fossero le intenzioni dei russi, lo si poteva dedurre dalla richiesta fatta dagli stessi agli Stati Uniti, con la quale li si “invitava” ad uscire immediatamente dallo spazio aereo siriano
Putin aveva inviato un messaggio chiaro a Obama: State lontani dalla Siria!
A rendere ridicole le prime affermazioni di Putin, riguardo al fatto che i bombardamenti avevano interessato solo postazioni dell’ISIS, ci aveva pensato il consigliere presidenziale siriano, Bouthaina Shaaban, che, a differenza dei russi, non aveva fatto mistero di come i raid avessero avuto come obiettivo bersagli diversi dalle formazioni jihadiste dello Stato Islamico.
L’obiettivo russo finalmente poteva essere chiaro a tutti, non era colpire l’ISIS, quanto mantenere al suo posto Assad.
Gli errori degli USA e dell’ex URSS
Putin è sicuramente un uomo di terreno, uno al quale pochi hanno qualcosa da insegnare, del resto la sua provenienza dal Kgb, il famigerato servizio segreto sovietico, è un ottimo pedigree per il presidente russo. Ma non è uno stratega, quantomeno non lo è nel lungo termine.
La sua forma mentis è quella di chi venendo dal Kgb si è formato durante la guerra fredda, senza aver imparato nulla dagli errori del passato.
Gli americani, che nell’immediato dopoguerra disponevano di un numero ridotto di contingenti in Europa, rispetto i sovietici, conquistarono buona parte del continente senza ricorrere ad un’occupazione militare. O, quantomeno, non lo fecero alla stessa maniera dell’Armata Rossa.
Non costruirono muri come quello di Berlino, non furono costretti a inviare più volte i carri armati per mantenere il controllo delle regioni controllate.
In maniera diversa, non per questo meno criminale, di quella adottata dai russi, governarono gli eventi garantendosi governi fantocci pronti a far da servetti ai nuovi “conquistadores democratici” e, fatta salva qualche rara eccezione come le stragi dei sindacalisti in Sicilia o i più recenti misteri italiani, senza sparare un solo colpo, a distanza di oltre settanta anni continuano a mantenere il controllo di questa parte di continente, allargando la loro influenza anche a nazioni un tempo controllate dai russi.
L’Unione Sovietica è invece implosa. Stessa sorte dei russi conobbe l’America tutte le volte che provò a controllare con la forza i territori. Dal Vietnam all’Iraq, la storia ce lo insegna, i fallimenti furono più delle stelle sulla bandiera.
Se Putin avesse fatto tesoro delle esperienze negative degli Stati Uniti e dell’ex Unione Sovietica, oggi avrebbe valutato diversamente l’intervento in Siria che, non diversamente da quello operato dall’Armata rossa nel 1979, quando occupò l’Afghanistan, rischia di trasformarsi in una lunga e fallimentare guerra. Una guerra che potrebbe andare ben oltre il previsto, con conseguenze catastrofiche per tutti.
I pericoli di una guerra
La Siria non è infatti la Georgia, la Crimea o l’Ucraina, dove, tutto sommato, gli Stati Uniti hanno potuto far finta di nulla. La Siria è strategica, tanto da un punto di vista militare, quanto sotto il profilo dell’economia, grazie all’interesse per i bacini di gas naturale e per i gasdotti di collegamento. Senza dimenticare che il paese è a un tiro di schioppo da Israele…
Dopo l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Armata rossa, nel 1979, gli americani utilizzarono i mujaheddin, affinchè cacciassero le truppe sovietiche dal paese, cosa che avvenne solo dieci anni dopo, quando i russi furono costretti a ritirarsi.
Dalla soluzione americana al problema Afghanistan, nacquero però due conseguenze forse impreviste, ma certamente non di poco conto. Gli “effetti collaterali” furono infatti la nascita di al Qaeda, le cui conseguenze nefaste tutti conosciamo, e la presa del potere da parte dei talebani alla quale fece seguito la decisione americana di invadere l’Afghanistan.
Un’altra guerra senza fine. Gli Stati Uniti, così come avevano fatto i sovietici, si avventurarono in una serie di campagne di guerra disastrose.
Se è pur vero che la Siria ha un enorme interesse strategico per molti paesi, Stati Uniti compresi, è altrettanto vero che i rischi derivanti da opzioni militari o dall’uso di formazioni locali sono incalcolabili.
I meno estremisti, i cosiddetti “moderati”, da poter opporre a un’occupazione russa del paese, sono quelli dell’esercito libero siriano (FSA). Un’opzione impossibile, visto che l’esercito libero siriano combatte da anni Assad e l’ISIS, senza riuscire a batterli. Figurarsi uno scontro con le forze armate russe…
Reclutare nuovi ribelli per attaccare i russi? Anche questa è un’utopia.
Né si può pensare ad un intervento di paesi come Iraq e Iran, considerato il fatto che il primo ministro iracheno,deluso da Obama, accoglierebbe con favore un intervento russo in Iraq, e che l’Iran e Russia hanno ottime relazioni, a tal punto da avere già un accordo sul nucleare, e lo stesso interesse a mantenere al suo posto Assad.
Escludendo un’alleanza statunitense con lo Stato Islamico ed escludendo anche uno scontro frontale con i russi, gli americani non possono fare altro che aspettare. L’indecisionismo di Obama ha causato uno stallo americano che al momento è irreversibile.
Purtroppo, però, anche l’inerzia diventa pericolosa, considerato che una delle varianti in gioco nel conflitto è il culto religioso e che i russi rischiano di trasformare il loro intervento militare in una guerra di religioni. Prova ne siano le tante immagini che ritraggono ministri di culto russi intenti a benedire le armi dei piloti russi. Un’autentica idiozia, sapientemente utilizzata dai jihadisti per ottenere il consenso dei molti musulmani moderati che finora erano rimasti fuori dal conflitto, se non, addirittura, contrapposti alle milizie del Califfo, come nel caso dei terroristi appartenenti al Fronte al-Nusra che in particolare dopo i raid russi sono andati ad ingrossare le fila dell’ex nemico, l’ISIS, secondo il principio che il nemico del mio nemico è amico mio.
In questo gioco al massacro, la Russia ha acceso la miccia della più grande polveriera che si possa immaginare.
I jihadisti dello Stato Islamico, così come quelli di al Qaeda, del Fronte al-Nusra e di tante altre organizzazioni, sono musulmani sunniti, ovvero quasi il 90 per cento della popolazione musulmana mondiale, contrapposti ai musulmani sciiti, la cui maggior presenza si registra in Iran, paese oggi alleato della Russia.
Cosa accadrebbe se i musulmani sunniti dovessero credere che la guerra in Siria e Iraq è una guerra di religione?
In molti paesi, nonostante gli scontri interni tra sciiti e sunniti (Pakistan, Yemen, etc), le forze tra le due opposte fazioni musulmane si equivalgono senza predominanza da parte di nessuna delle due.
Discorso diverso per l’Iran, sciita, e l’Arabia Saudita, prevalentemente sunnita, che si contendono il ruolo di diventare la maggiore potenza della regione.
Se anche gli Stati Uniti restassero a guardare, paesi come l’Arabia Saudita consentiranno alla Russia di imporre presenze “indesiderate” a ridosso di casa loro?
A tal proposito, l’Arabia Saudita ha già “invitato” i russi a una riflessione: “O Bashar al-Assad, il dittatore siriano che appartiene alla minoranza alauita (sciita), rinuncia al governo del paese o deve tenersi pronto ad un’opzione militare”.
Il rischio è dunque quello di una guerra di ben più vaste proporzioni rispetto quelle attuali, che potrebbe vedere il coinvolgimento di molti atri paesi e un’alleanza musulmana contro quella che sempre più spesso definiscono “crociata”.
Mentre nascono già le prime tensioni anche tra Turchia e Russia, a seguito di un presunto inseguimento di due caccia F-16 dell’aviazione turca parte di Mig-29 non identificato e dell’intercettazione di un caccia russo entrato dalla Siria nello spazio aereo della Turchia, tutti plaudono all’azione di Putin dimenticando i pericoli di un conflitto di vaste proporzioni e la presenza in Europa di migliaia di sciiti siriani ed iracheni, che hanno fatto il loro ingresso come “rifugiati politici”, nonché quella dei tanti estremisti sunniti che aspirano a impugnare le armi per lanciarsi in una guerra santa contro i “crociati”.
Ministri di culto, di vario rito e di varie religioni, intanto, benedicono le armi…
Gian J. Morici