DIVAGAZIONI IN UNA ESTATE TORRIDA
3 puntata
Lo hanno scritto persino nei titoli dei giornali: la brusca, inconsueta tirata di orecchie della C.E.I. al Governo Renzi “per non aver fatto nulla per i poveri migranti” sarebbe un espediente per render la vita difficile a Renzi che si appresterebbe a “riformare” il matrimonio e dintorni con la regolamentazione delle unioni gay.
Un’ipotesi, starei per dire, raccapricciante, se non avessi certe mie idee particolari sul Papa Bergoglio, il suo gesuitismo ed anche sul “riformismo” “a scatola chiusa” di Renzi, nonché sul sostanziale bacchettonismo delle “esigenze paritarie” degli omossessuali.
Quando una cosa appare come “naturale” prodotto di certe strutture mentali è difficile giudicarle con valutazioni estreme e crude.
Mai era avvenuto che la C.E.I. (cioè; grosso modo, il Vaticano) esprimesse un giudizio così pesante e senza ambiguità su un governo italiano anche quando era in vigore una sorta di formale tutela (e amministrazione di sostegno) della Chiesa nei confronti dei governi fondati sul partito e sul voto cattolico.
E quel “non ha fatto niente” è, oltretutto un giudizio che va dritto a colpire complessi problemi tecnici oltre e più che di moralità politica.
La strumentalità di una così dura ed imprevedibile presa di posizione è, dunque, più che plausibile: è assai difficilmente contestabile.
Ciò non toglie che la posizione della Chiesa Cattolica nei confronti del problema dei migranti sia di per sé intollerabile, distorta e fuorviante.
Accusare il Governo Renzi di “non aver fatto nulla” corrisponde alla convinzione di una maggioranza degli Italiani. I quali, però, sono convinti che quel che c’era da fare e che il nostro Governo non ha fatto, sia esattamente l’opposto di quel che predicano Bergoglio ed i Vescovi: qualcosa per impedire il flusso insostenibile dell’emigrazione clandestina ed illegale e non per l’”accoglienza” dei migranti. Un nulla che è frutto, oltre che dell’insipienza di Renzi e dei suoi, proprio dell’atteggiamento della Chiesa, contraria ad ogni azione di forza contro la base di partenza ed i mercanti di carne umana che speculano sui viaggi della morte.
Ma nella confusione di idee di molti, di troppi, quel “non aver fatto niente” si confonde e si accetta. Ed è in perfetta linea con l’etica e con i metodi gesuitici: approfittare di equivoci ed ottenere consensi e gradimenti.
Ma, al di là dei giuochi e degli espedienti gesuitici c’è questa teoria dell’”accoglienza” che non è, poi troppo lontana anch’essa dalla doppiezza gesuitica.
Non c’è bisogno di riandare al secolo XIX, quando il Vaticano guardava con occhio sospettoso e severo gli Stati che praticavano l’”accoglienza” degli esiliati e dei profughi degli Stati, a cominciare da quello della Chiesa, in cui imperversava la reazione che minacciava a quei “migranti” morte e galera.
Il fatto è che in sé l’”accoglienza” rispetto ad autentici flussi migratorii non può considerarsi un dovere. Un limite, una regolamentazione e, quindi, un rigetto più o meno esteso, sono nell’ordine naturale delle cose.
Nessuno, anche se munito di una particolare autorità morale può predicare il dovere di subire delle vere e proprie invasioni.
Certamente dove finisca l’emigrazione e, magari, la ricerca di asilo e dove cominci l’invasione non è facilissimo stabilirlo con criteri oggettivi.
Ma è chiaro che non spetta a Bergoglio segnare questo confine, né alla C.E.I., i quali potranno esprimere giudizi morali, evitando però di farsi scudo di equivoci che tanto morali non sono e, soprattutto di valersene come strumento per complicati e diversi disegni.
Non parlo, naturalmente dell’impasse per Renzi, che non merita davvero di assurgere a bersaglio di mene gesuitiche che, nella storia, hanno sempre volato e colpito più in alto.
Mauro Mellini