Non ci sono attentati terroristici meno gravi degli altri. Non ci sono attentati che non debbano far riflettere sul valore delle vite umane. Un valore assolutamente identico. Venerdì 26 giugno è stato una giornata di sangue. Ieri sera ho visto salire le lacrime agli occhi di un Imam, uno vero, di quelli per i quali non si uccide in nome dell’Islam. Uno di quelli per i quali il Ramadan è un periodo di pace e d’amore.
Ogni paese colpito piange morti o simboli. Se la Francia conta “solo” una vittima ha ragione di spaventarsi di fronte all’orrore del messaggio. Sono ovunque e sono “invitati” a colpire ovunque. Sono anche francesi, italiani, belgi… convertiti ad uno strano credo. La Tunisia piange una strage. La Tunisia, un paese splendido che cerca di restare democratico ad un passo da noi. Ma molti europei piangono con la Tunisia perché tra le vittime ci sono tanti occidentali. E se fossero stati solo tunisini? La risposta è troppo difficile da dare ma basta leggere i giornali, accendere la televisione, ogni paese conta i propri su quella spiaggia. No! Erano 38 su quella spiaggia. Erano insieme…
Il Kuwait piange la morte dei fedeli e per la sorte dei troppi feriti durante la preghiera in una moschea sciita di Kuwait City. Il Kuwait, un paese di cui si parla. Sembra lontano ma lo avvicinano gli accordi economici internazionali. I fedeli che pregavano il loro dio, qualunque fosse, erano vittime come l’imprenditore francese, come i turisti sulla spiaggia tunisina…
…allora, se le vittime sono tutte uguali, persone morte per mano altrui e non perché hanno finito il proprio tempo sulla terra, perché le decine di vittime burundesi in Somalia hanno diritto solo al quarto posto? Decine di soldati sono morti venerdì per mano degli Chebab che hanno attaccato una base dell’Unione africana – l’UA – protetta da un contingente delle forze burundesi. Il villaggio di Lego, non lontano da Mogadiscio è troppo lontano per le lacrime occidentali? Il popolo del Burundi non ha lo stesso diritto ai comunicati ufficiali di solidarietà?
Apparentemente no. Eppure i vari Ministri degli Affari esteri, almeno quelli europei, potrebbero citare anche loro, sprecare una decina di parole in più.
E la solidarietà verso gli Yemeniti che durante le stesse 48 ore di sangue, hanno subito attacchi? O la vita di uno yemenita vale meno? E le esecuzioni perpetrate in contemporanea in Siria ed Iraq? O siamo abituati che in quei paesi il sangue scorre?
Poiché siamo alla mondializzazione dell’orrore potremmo avere la dignità di commuoverci per tutti, anche per quei soldati del Burundi che hanno cercato di fermare i terroristi…
Commozione ed umanità non dovrebbero avere frontiere.
Luisa Pace