In un comunicato stampa a firma congiunta di Antonio Turri e Gaetano Porcasi, rispettivamente presidente nazionale e presidente nazionale onorario dell’Associazione di Volontariato “ I Cittadini Contro le Mafie e la Corruzione” si afferma: degli olre 11.238 beni immobili e delle 1.708 aziende confiscate definitivamente alle mafie, da nord a sud del Paese, sono solo poche centinaia quelli riutilizzati da associazioni e cooperative molte delle quali in difficoltà o sostenute da enti pubblici e banche.
Questi risultati per Turri e Porcasi mettono in seria crisi la credibilità di una lotta alla mafia basata sulla promozione di singoli ed associazioni sui fatti effettivamente realizzati dall’approvazione della legge sul riutilizzo dei beni confiscati.
Il mancato utilizzo dei beni confiscati alle mafie è un regalo ai boss e a quanti con questi colludono. Il momento di crisi economica e sociale non consente di rimandare scelte che possono essere definite necessarie e giuste e non far più ritenere che anche in questo settore operino lobby più o meno occulte. E’ quindi, fondamentale, dal punto di vista delle ricadute economiche sociali e culturali, che gli immobili ad uso abitativo vengano al più presto assegnati alle famiglie e alle persone in stato di povertà che si trovano a vivere senza una casa.
Le Povertà, continuano Turri e Porcasi, si combattono con i fatti e non con le parole o con le iniziative mediatiche dei tanti “buoni” benestanti che alloggiano spesse volte nei migliori alberghi o in ricche residenze. Spesse volte le parole se non seguite dai fatti fanno più male dell’indifferenza allo stomaco vuoto di molti. Per i rappresentanti nazionali de “ I Cittadini Contro le Mafie e la Corruzione” è necessario ed urgente, altresì , assegnare le migliaia di aziende confiscate alle mafie agli imprenditori vittime d’usura e delle estorsioni che abbiano denunciato i loro aguzzini. Non è più possibile lasciare inattive, specie nel sud del Paese, aziende che potrebbero produrre ricchezza e occupazione per giovani,donne e disoccupati.
Anche in quest’ultimo caso è impensabile che non si utilizzino le professionalità degli imprenditori, spesse volte costretti al suicidio e si continui a pensare che aziende a struttura complessa confiscate alle mafie, possano essere gestite da cooperative e associazioni escludendo chi per mestiere e capacità professionale ha svolto o svolge attività imprenditoriale.
Turri e Porcasi quindi invitano Parlamento e Governo a legiferare al più presto in questa direzione, perché la lotta alla mafia diventi sempre più una lotta alle conseguenze che queste ultime producono sui territori: povertà e miserie. La lotta alla mafia non può più essere disgiunta dai fatti o delegata alle parole stanche e vuote ripetute da anni sui media. Servono fatti concreti e per realizzarli servono le volontà e soluzioni vere di chi rappresenta nelle Istituzioni i Cittadini.