Sono passati alcuni anni da quando partendo da una realtà locale mi ritrovai a scrivere di sindacati, patronati e corsi di formazione.
Insulti e minacce di querele, ad opera di chi negava pubblicamente ogni addebito senza però mai produrre una smentita supportata da una contro argomentazione, per qualche tempo furono il mio pane quotidiano.
A distanza di tempo, iniziarono le attività di verifica che portarono a numerosi tagli, al commissariamento di alcune sedi e ad arricchire i fascicoli giudiziari con i nomi degli indagati.
Alle iniziali perplessità fa seguito lo scandalo, la disaffezione da parte dei cittadini, il disprezzo, ma l’assenza di un rigore privo di attenzione al sociale e una normativa lacunosa che non permette di codificare un quadro preciso di responsabilità e controlli pubblici, fa sì che scattino quegli automatismi che impediscono di scardinare lo status quo. E tutto, così, torna com’era prima, nonostante il fiume di denaro che si perde in mille rivoli rischi di far sembrare noccioline quello del finanziamento ai partiti.
È questo il caso dei patronati, gli istituti che esercitano funzioni di assistenza e di tutela in favore dei lavoratori, dei pensionati e di tutti i cittadini fornendo attività di assistenza e consulenza finalizzata al conseguimento di prestazioni previdenziali, sanitarie e di carattere socio-assistenziale, incluse quelle in materia di emigrazione e immigrazione.
Se la spending review ha portato a mettere le mani nelle tasche di enti ed organizzazioni – con la conseguenza negativa di limitare la funzione che essi svolgono – di contro manca un’azione sulla trasparenza del denaro speso e incassato. I patronati infatti ricevono un finanziamento pubblico composto dallo 0,226 per cento dei contributi previdenziali versati dai lavoratori dipendenti ogni anno, ma come funzionano poi questi uffici distribuiti su tutto il territorio italiano e anche all’estero, è tutto da verificare. In particolare, è da verificare come funziona il finanziamento che per legge spetta a ogni sede di patronato e che sono concessi dal Ministero del Lavoro.
Stando a quanto sembra accada, ci sarebbero filiali estere alle quali non sarebbero stati affatto corrisposti i fondi pubblici spettanti. Secondo le prime notizie si tratterebbe di palesi violazioni alle norme in materia di finanziamento pubblico e organizzazione delle sedi all’estero.
Verificare quale sia lo stato reale delle cose è compito del Ministero del Lavoro che pertanto ha mandato gli ispettori, salvo poi arrivare ad un nulla di fatto.
Una vicenda che ci riporta a quando toccammo i sindacati, i patronati e la formazione in Sicilia e – dopo vari “nulla di fatto”- si arrivò ai commissariamenti, ai tagli e alle indagini da parte degli inquirenti.
Districare la matassa non è facile. Tanto più se non ci si trova in Italia ma in altri paesi membri dell’Unione Europea dove le falle normative italiane rendono ancora più facili le fughe dalle maglie della magistratura e del fisco.
Figurarsi poi se ci si trova nella patria del segreto. È infatti in Svizzera che sono sorti i casi più eclatanti dove i “controllori” sembrano non accorgersi di nulla, salvo poi vedere ciò che in realtà non c’è e non c’è mai stato.
Secondo le prime indiscrezioni, infatti, al Ministero risulterebbero presenti impiegati – almeno un caso e si tratterebbe di una donna – sconosciuti alla sede presso la quale avrebbero dovuto prestare il proprio servizio, regolarmente finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche Sociali Romane.
Fotocopia di film in materia di distacchi sindacali, che ci hanno visto come spettatori nelle aule giudiziarie, anziché nelle sale cinematografiche.
Ma v’è di più. Nella patria della finanza e del cioccolato, dulcis in fundo, non poteva mancare la Holding con tanto di società satelliti costituite da persone che si trovano ai vertici di istituti beneficiari di finanziamenti pubblici italiani.
Qual è lo scopo? E, soprattutto, il fisco italiano é a conoscenza di queste attività?
“A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.
A prescindere che la frase appartenga ad Andreotti o al Cardinale Mazzarino, non v’è dubbio che fossero due grandi menti …
Gian J. Morici