di Ettore Zanca
In medio stat virtus. La virtù sta nel mezzo. La saggezza degli antichi per far capire che gli eccessi, in un senso o in un altro hanno sempre un prezzo.
ce l’ha il lassismo eccessivo, che fa perdere fiducia, ce l’ha l’eccessiva crudezza che non fa davvero imparare le lezioni.
Tutti sappiamo cosa è successo alla Costa Concordia, e abbiamo visto la vergogna di un capitano che ha abbandonato una nave. Possiamo buttarla in vacca quanto vogliamo, i fatti sono quelli. Un uomo senza morale e senza pudore, ha abbandonato una nave al suo destino, fottendosene altamente di quello che stava succedendo. Amen. Abbiamo visto come il prode comandante sia stato poi paparazzato ovunque. Mentre chi muore giace, eccetera.
In Corea, l’aprile scorso è successa la stessa cosa. Una nave, il Sewol, è affondata durante il suo viaggio e sono morti 300 passeggeri, in gran parte studenti che andavano in gita. Le strane analogie non sono poche. Nave che affonda, voci ai megafoni che raccomandano ai passeggeri di rimanere in cabina. Per una volta in Italia, fu proprio la disubbidienza agli annunci a salvare molti passeggeri del Concordia, in Corea no, aspettarono e morirono.
l’analogia più grossa? Il comandante è scappato, anche lì. E peggio di Schettino, in mutande, con il suo staff, tutti via. Mentre dentro il traghetto la gente moriva.
Ma qui il comandante non è stato rilasciato, non è stato trattato da futuro scrittore di un libro, non è stato invitato alle cene dei vip.
In Corea vige la pena di morte. Ma è a discrezione del giudice applicarla.
Non si applicava dal 1997. In Corea un disastro del genere è costato le dimissioni dell’intero vertice della compagnia navale, di due ministri e ha dato vita a un risarcimento. In Corea.
Il comandante è stato condannato a morte. E il suo staff a 30 anni di galera.
Credo che per civiltà forse, arrivare alla pena capitale sia eccessivo, ma che ci voleva una pena esemplare. I giudici hanno detto che l’accusa è omicidio, e per l’omicidio le pene sono queste.
Non dico che si debba arrivare a tanto, ma in Italia, per la stessa cosa, proprio non potevamo essere rapidi e dare la pena che meritava a un comandante che ha di fatto ucciso degli innocenti che si fidavano?
Bisognava per forza trasformarlo nell’ennesima soap opera con tanto di donna fatale, che intima al comandante di dire la verità? E in un libro che frutterà fama a una persona che non la merita?
Non so voi, ma a me sembra che si sia persa una occasione. Almeno per fermarsi a metà tra un eccesso di giustizialismo e una condanna esemplare. In mezzo, dove stava almeno un briciolo di virtù. Come dicevano i latini.
Nella foto, ”Kwon Ji-yeon ha sei anni e nel caos che si è impossessato del Sewol non trovava più il papà e la mamma. L’ha salvata il caso di essere tra i passeggeri più giovani. L’hanno messa in salvo l’istintiva generosità di chi non era balzato fuori dallo scafo, le braccia di coloro che poco dopo sarebbero scomparsi in mare.” .