Fino a Marzo 2017, il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova, resterà presidente della Conferenza episcopale italiana. Piaccia o non piaccia ai cattolici è così e non c’è nulla da dire, sono affari dello Stato del Vaticano.
Non c’è evento che gli sfugga. Che la tragedia dell’ennesima alluvione di Genova lo spinga a visitare i quartieri disastrati è normale. I credenti apprezzano e la presenza di un rappresentante della Chiesa può essere di conforto a chi ha perso nuovamente tutto salvo la fede.
Ma che Bagnasco continui ad interferire con quanto riguarda le istituzioni italiane, pur ammettendo che sono spesso, troppo spesso carenti se non colpevoli di vergognose mancanze è inammissibile.
Davanti al fango per le strade di Genova il Cardinale ha dichiarato “E’ l’ora della giustizia e della riconciliazione tra cittadini e istituzioni. Nessuno si deve sentire abbandonato e dimenticato”. Non pago ha aggiunto “Lo Stato non si nasconda”. Peccato che si riferisse alle istituzioni italiane e non a quelle vaticane.
Peggio ancora, a margine di un incontro con i sindacati sul futuro della città di cui è il Vescovo ha esternato “L’articolo 18 non è un dogma”. Cosa c’entra Bagnasco con le discussioni sul bistrattato articolo 18? Ha dimenticato che non siamo più all’epoca del potere temporale della Chiesa?
Il Cardinale Bagnasco dimentica che lo Stato Vaticano non è lo Stato Italiano e, peggio ancora, sembra che i media nazionali dimentichino questo “piccolo” particolare. Per qual ragione le prime pagine dei giornali riportano regolarmente i commenti del presidente della CEI, dimenticando fra l’altro da che pulpito viene la predica. Stendiamo un velo pietoso sugli scandali della CEI o da questa coperti.
Purché Bagnasco taccia sugli affari di casa nostra.
Luisa Pace