I curdi e l’indecisione turca

frontieraturchiaKobane, terza città curda in Siria per dimensioni, al confine con la Turchia si sta battendo contro il califfato impugnando le armi contro le milizie dell’Isis. E’ la capitale ufficiosa dei villaggi autonomi curdi nella regione della Rojava. La Turchia mantiene per ora una posizione nebulosa dopo aver impedito ai curdi sul suo territorio di andare a soccorrere la cittadina.

Manifestazioni di protesta si stanno organizzando in Europa e negli USA. Venerdì e sabato comunità curde, appoggiate anche da cittadini di diversi paesi, hanno organizzato dei sit-in in diverse città danesi, olandesi, britanniche, austriache…e americane. In Danimarca le dimostrazioni sono iniziate con un minuto di silenzio in omaggio ai curdi uccisi nel conflitto. La richiesta è quella di armare le forze curde nel Kurdistan siriano o in Rojava.

La popolazione curda, eterogenea e laica, composta da cristiani, musulmani, ebrei e alawiti rischia il genocidio.

I raid della coalizione sono giunti solo alla fine di una settimana di offensive dell’Isis che hanno spinto oltre 140.000 curdi siriani oltre la frontiera turca, la maggior parte dei quali provenienti da Kobane stessa. Una frontiera già satura con il milione e mezzo di rifugiati siriani.

La frontiera tra Siria e Turchia vede ormai una triste andare e venire di curdi. Da una parte l’esodo di famiglie di profughi che cercano di salvarsi, dall’altra curdi armati che vogliono andare a salvare Kobane.

Il governo turco che dovrebbe prendere una decisione definitiva è pressato dalla coalizione affinché assuma una posizione. Già la dichiarazione del Presidente turco Ergodan da New York il 25 settembre scorso, durante la 69ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: “Forniremo il sostegno necessario a questa operazione. Un sostegno che potrà essere militare e politico”, non era chiara perché non dettagliata. Erdogan si è anche spinto a dire che vede buon occhio i raid e che non devono fermarsi ma il governo turco islamico-conservatore non riesce a prende una posizione netta.

L’atteggiamento incerto del governo turco non aiuta né i rifugiati, né i curdi, né la coalizione e può avere un affetto negativo contro la Turchia stessa, poiché l’immane sforzo umanitario che sta facendo la rende ancor più vulnerabile ad eventuali attacchi terroristici.

Luisa Pace

 

 

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