Le accuse di un accordo tra il governo turco e l’ISIS per il rilascio di ostaggi erano state mosse lo stesso giorno in cui venivano liberati i 46 turchi e i tre ostaggi iracheni che erano stati nelle mani degli estremisti dal mese giugno.
Mentre la Turchia taceva, trincerandosi dietro al fatto di non aver pagato alcun riscatto, i militanti dell’ISIS confermavano che il rilascio di ostaggi era nato a seguito della promessa di Erdogan di non prendere parte alla coalizione guidata dagli Stati Uniti e per aver scambiato 180 prigionieri dell’IS che erano detenuti in Turchia con i 49 osservatori che tenevano in ostaggio .
Secondo fonti ISIS, i 180 estremisti liberati avrebbero preso parte agli scontri nei pressi della città di Kobane. L’ordine di liberare gli ostaggi turchi era venuto direttamente dal capo dell’ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi, avvalorando così le indiscrezioni sulla trattativa in corso.
Erdogan, che ha insistito sul fatto che nessun riscatto è stato pagato, ha ammesso ieri che i servizi segreti turchi avevano negoziato con i terroristi, definendo la negoziazione “una contrattazione diplomatica”.
Una “contrattazione” che ha portato al rilascio di 180 terroristi che hanno immediatamente massacrato i curdi a Kobane e che secondo quanto riferito da fonti dello Stato Islamico ha permesso alle milizie dello stesso di uccidere decine di curdi che si trovavano in territorio turco nei pressi della frontiera e che si erano rifiutati di combattere contro i loro stessi concittadini a Kobane.
La scelta di Erdogan di fare il coniglio, nel minare l’azione della coalizione, pregiudica il futuro della stessa Turchia. Già da ieri i siti internet jihadisti pubblicavano l’immagine di una bandiera nera con una mezzaluna, la stella e i segni distintivi dello Stato Islamico, indicando il vessillo come la “nuova bandiera turca”. La scelta della Turchia di vendersi al Califfato in cambio di 49 ostaggi, rischia di vedere in futuro l’intero paese ostaggio dei fondamentalisti islamici.
Gian J Morici