
Cesare Prandelli, attuale ct della nazionale nel 2004 doveva diventare allenatore della Roma. La moglie si ammalò gravemente. Lui mollò tutto. La sua equazione fu semplice: “lei era la mia priorità La sua vita era la mia vita. Molti si sorpresero, per me invece fu una scelta naturale. Il calcio a volte ha paura della normalità”.
Anche il mondo reale, mio buon Cesare, non preoccuparti. L’autore, per correttezza lo ha mandato a Prandelli a febbraio. E il ct non ha risposto. Non si sa se chi tace acconsente. Ma non ha mosso ciglio.
E qui viene il bello. Il romanzo sta per uscire. E la casa editrice riceve una diffida a pubblicare da uno studio legale. Voi direte, la mandava Prandelli? Acqua.
La mandava la FIGC, la federcalcio, il datore di lavoro di Prandelli. Il romanzo era lesivo dell’immagine del Ct della nazionale.
Per chi non lo sapesse, la Federcalcio è una massa di dinosauri che fanno finta a volte di non vedere il sole. Non indagano sugli illeciti fino a che non glielo dice un magistrato che scopre i reati. Allora si alza a fatica e interviene. Stavolta sono stati fin troppo solleciti.
Da Prandelli nemmeno una parola. Io per partito, anzi per partita presa, visto che parliamo di calcio, il romanzo lo compro.
Vorrei dire invece a Prandelli che il romanzo non parla di lui, è solo liberamente ispirato, ma è una storia dolce e trattata bene. E che, in Federcalcio non hanno nemmeno letto, sicuramente.
Pertanto a certi tromboni, per favore glielo dicesse lui di non essere ridicoli, e di preoccuparsi di cose più serie che una bella storia inventata, tanto quanto la favola del calcio pulito.